giovedì 17 maggio 2012

Operazione cactus

operazione cactus
C'è...un cactus fra di noi!

Come capita di frequente, la comunicazione fra marito e moglie è carente su alcuni punti, tali per cui non si parla più “fringuettando” (bello “fringuettando”: non esiste ma rende l’idea!) e civettando come i primi mesi; a volte la comunicazione è quasi “gutturale”, soprattutto quando si va di fretta e si spera che la “controparte” capisca al volo l’emergenza e quello che abbiamo in testa; ovviamente pensare che la “controparte” (e già appellarla così, non ci mette sulla buona strada!) “capisca” (e in questo caso si sottintende “CI capisca”) è come credere a Babbo Natale.
Poi è anche vero che l’intuito maschile è rapido, fulmineo, scattante, mirato e ricettivo come un bradipo bacucco, accecato dalla vecchiaia, duro d’orecchi e morto di sonno.
E da qui nasce una discussione interminabile, spesso con invettive abbastanza dirette e pungenti (le donne sono abilissime in questo! Hanno una vera e propria destrezza da Robin Hood a colpire nel segno. A volte persino chirurgiche!).
Ne segue che ci si abbai a vicenda qualcosa di convulso e contraddittorio fino a far esplodere il nervo scoperto.
A volte i motivi di lite sono seri e sonori; ma il più delle volte capita che il tema che ha originato l’eruzione vulcanica siano tanto fragile da essere dimenticato dopo le prime tre battutacce irritanti e convulse, che diventano ben più terribili del motivo originario.
In questi casi, almeno per il bene della collettività familiare, urge fare pace. Anche perché mi sento un po’ridicola a continuare a chiedere a terzi “dite a Paolo di passarmi il sale”…
Sulle prime ci si sente in pieno diritto di sentire le scuse. Si immagina di ricevere enormi mazzi di rose da far starnutire gli allergici di tutta la zona. Ovviamente le rose non arrivano e, nel frattempo, capita di fare la spesa. L’altro giorno, in una situazione di questo tipo, ho visto nel bancone delle piantine di basilico qualche cactus. Sono stata attratta dal più piccolo ma più pungente di tutti. Nel sceglierlo, non solo mi sono punta io, ma si è punta anche la commessa e credo che il sedile della punto rimarrà pieno di spine di cactus fino alla sua rottamazione. Ho scelto un cactus con un vasetto rosso, come avrei immaginato le mie rose. Poi a casa ho preparato un bell’involucro proprio tipo mazzo di fiori, con tanto di carta domopak, prendendo spunto da come la mia immaginazione mi metteva davanti l’involucro delle mie rose. Il mio grande mazzo di presunti fiori, racchiudeva in fondo-in fondo, dentro-dentro, il minuscolo cactus e si intravedevano fuoriuscire solo le minacciose spine.
Se non capisce al primo cactus, probabilmente dovrò provvedere a riempirgli la scrivania di piante carnivore, pungenti e urticanti. Chissà se il suo intuito maschile lo porterà a domandarsi qualcosa, prima di trasformargli l’ufficio in una serra?


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