lunedì 20 gennaio 2014

Ke reader

Il signor GUTEMBERG, sul GIORNALE DI MIRANO, ha pubblicato il seguente articolo e me ne ha fatto omaggio. Lo riporto integralmente di seguito.
Seguiranno presto altri pezzi del signor GUTEMBERG.
A presto. Buona lettura...

Il parere di Gutemberg: KE-READER
Io odio l'e-reader. Credo che l'e-reader sarà l'oggetto che deciderà il crollo del sistema economico mondiale. Esagero? 
Seguitemi: intanto l'e-reader è un oggetto orrendo, una specie di cornicetta piatta e piccola. Provate a pensarlo senza il sistema operativo. Comprereste un oggetto così? No, vero? 
Ma al di là della bruttezza, esso è socialmente pericoloso. Continuiamo ad immaginare: tutti comprano e-book, quindi fine dei book-shop, quindi migliaia di librai disoccupati. E fin qui si può sopportare. Ma continuiamo ad immaginare: a casa non avete più libri di carta, tutta la vostra biblioteca personale sta in quell'oggetto nero, che ve ne fate allora della libreria vuota? Dunque non comprate più librerie, e l'ikea fallisce. Eh già, perchè è noto che l'ikea basa il 95 % del suo fatturato sulle Billy, il resto del fatturato sono le polpette svedesi. Dunque Ikea fallisce, nel mondo centinaia di migliaia di disoccupati, che non comprano più niente, nemmeno quello che voi, fruitori di e-book, vendete. Crisi totale, fine del sistema, bye bye. (per i meno svegli, questo è un paradosso)

Contraddittorio,: gli ebook costano poco. Già, ma anche qui fermiamoci a riflettere. Intanto costano tantissimo in proporzione ai libri di carta. Un e-book è un FILE, il suo costo è quello di di un dattilografo per un paio d'ore di lavoro, poi il file che viene venduto migliaia di volte è senza costi, ma voi lo pagate un'infinità  rispetto al suo reale valore. Il libro invece ha un costo reale, tangibile, dato dalla carta, la stampa, le foto, la distribuzione, la vendita. Il libro è unico, è vostro.
E poi, avete letto le condizioni di acquisto? Per esempio, se scaricate file musicali da itunes, non comprate il file, ma solo il diritto di ascolto. Non è vostro! Non lo potete regalare, ne prestare.
Grazie a quel genio di Steve Jobs, uomo sopravvalutato come mai nessuno, un maniaco copione, che non ha inventato niente, ma è riuscito a farsi passare per un guru, un esempio del peggior capitalismo americano e globale. Nemmeno la famosa frase “siate affamati, siate folli”  è sua.

Ma allora voi direte: l'elettronica, il digitale, ci hanno semplificato la vita! 
Davvero, mi chiedo? Siamo sicuri che invece non ci abbia semplificato i piaceri della vita? Parliamo di musica, per esempio. Ascolto un brano che mi piace. Lo voglio acquistare (acquistare i diritti di ascolto). Uso Shazam per sapere cos'è, vado su Itunes, digito il nome dell'autore, pago, scarico nel mio ipod. Perfetto, ora ho un nuovo file musicale tra i centomila che ho scaricato. Poi forse lo ascolterò. 
Il piacere dov'è? 
Pensiamo invece a quando la musica era analogica.  Mi piaceva un brano. Partivo in auto o in tram e andavo nel mio negozio di musica preferito, e intanto mi godevo il viaggio. Arrivato al negozio mi godevo la scelta tra i vari dischi, magari facevo 4 chiacchere con altri clienti, oppure mi innamoravo della bella ragazza alla cassa, pagavo un oggetto reale, che tra l'altro era anche un bell'oggetto, grande, colorato, con i testi delle canzoni e le foto degli artisti. A casa mettevo il vinile sul giradischi, mi accomodavo sul divano e mi godevo un'ora di musica, magari invitavo anche degli amici ad ascoltarlo. Un semplice acquisto si trasformava in un'esperienza, tra l'altro ripetibile.
Adesso trovatemi voi un negozio di dischi.

Altri esempi? Le cartoline, non ne spediamo più. Adesso si mandano foto su facebook, ehi sono qui, arrivato a Dubai, il mare delle Maldive, le postiamo a tutti, anche a chi non ce ne frega niente. Invece la cartolina era anch'essa un'esperienza gratificante. C'era da selezionare le persone a cui mandarla, avere il loro indirizzo, compilarle e cercare i francobolli ma soprattutto scrivere qualche frase. E non era bello riceverle?

Potrei andare avanti per pagine e pagine. 

Anche la storia del costo, il basso costo, l'economicità, è falsa e ridicola. Dobbiamo imparare a pagare le cose per il loro giusto valore, perchè così le cose “avranno un vero valore”. Ne possiamo comprare meno, se non possiamo permettercele, possiamo fare musina, sennò saremo complici dello sfruttamento delle persone. 
Non ci credete? Bene, allora sapete perchè pagate cosi poco i vostri e-book? Perchè Amazon sfrutta la disperazione della gente. In Germania Amazon è sotto accusa ( repubblica 16 febbraio 2013) per aver istituito dei veri e propri campi lager, sfruttando disperati spagnoli, italiani e dell'est europa, pagandoli pochissimo, senza diritti sindacali, facendoli vivere in baracche fatiscenti, guardati a vista da vigilantes reclutati tra i neonazisti. 

Bello vero? Così potete comprare i vostri ebook, la vostra musica, a prezzi stracciati.

Fatemi sapere cosa ne pensate.
Intanto una buona notizia. In Inghilterra il mercato dei vinili sta ripartendo.
Gutemberg

Caro GUTEMBERG, sebbene il tuo nome basterebbe, da solo, per comprendere il motivo di tanta avversità all'era digitale, ciò non toglie che la comodità di potersi portare in borsetta la propria libreria completa è...inappagabile! L'Ikea, ricchissima com'è di inventiva, si adatterà a produrre qualcos'altro per arricchire le pareti con un'alternativa alla libreria Billy. Amazon, indipendentemente dai Kereader, rimangono dei...hem..."bravi ragazzi": dubito che togliendo gli e-book quelli diventano improvvisamente degli stinchi di santo pieni di rispetto per i lavoratori.
Mi spiace un po'per le cartoline, ormai oggetto di collezione. Però, se non ricordo male, la maggior parte delle cartoline spedite era diretta a una schiera di gente che "altrimenti si sarebbe offesa": professori, vecchie zie, ecc ecc.. Quindi, tutto sommato, preferisco una telefonata in viva voce o, meglio, una video chiamata.
Ma, per dirla tutta: io adoro la tecnologia perché, essendo molto (ma molto!) dislessica/ discalculica/ dis../ dis-tutto, mi rendo conto che le mie possibilità di evitare pasticci inenarrabili dipende solo ed esclusivamente dai copia & incolla, dai correttori automatici, dai fogli di calcolo, dalle agende elettroniche... ecc ecc. Per me fare una raccomandata è un'operazione che necessita molto sangue freddo, perché è matematicamente certo che io scriva alla rinfusa le cifre del CAP e del numero civico, scriva il mittente al posto del destinatario e prenda il numerino sbagliato per il posto in coda (tutte cose capitate anche questa mattina).
Prima che inventassero gli smartphone che fanno da agenda elettronica e minicomputer, era praticamente certo che invertissi le cifre del giorno dei colloqui dei professori dei figli, nonché le cifre dell'orario, nonché raggiungessi, in rigoroso ritardo, la scuola del figlio sbagliato.
Copiare un codice IBAN è per me un'operazione impossibile senza copia & incolla.
Non riesco ad usare il bancomat perché non sono capace di digitare le cifre corrette entro i tre tentativi consentiti; in compenso, contare i resti dei soldi contanti per me è un'attività "estrema", quindi senza carta di credito non riuscirei a comprare neanche il pane.
Non è per "vezzo" che non ho idea di quale sia la mia età, andando al di là delle decine: è che proprio il mio cervello non è in grado di registrare "le cifre".
Fare la spesa cercando di tenere a mente dove ho depositato il carrello senza scambiarlo almeno tre volte con quello di qualcun altro è un'operazione che mi sfinisce.
Ciao. A presto.
Pomella

mercoledì 8 gennaio 2014

DropBox, GoogleDrive e Bidibi-Bodibi-Bù

lunedì ufficio

Tutti gli anni, puntuale, dopo un periodo di vacanza ti piomba sulla scrivania il “macigno-sorpresa”: si tratta di un putiferio qualsiasi, purchè le sue dimensioni siano gigantesche, che ti serve per mettere in chiaro che le vacanze sono finite e tu sei catapultato nella crudele quotidianità.
Ieri: primo giorni di scrivania e avevo appena finito di aprire le dozzine di mail del rientro e ipotizzare il numero di caffè che mi avrebbero consentito di capire e ordinare tutte le scadenze impellenti. Avevo già l’animo rassegnato alla routine del pigia-tastismo, quando ad un certo punto si è spento tutto ed è defunto l’hard disk. Insieme al mio hard disk, ho dovuto dare l’estremo saluto anche a tutti i miei files di circa un anno a questa parte.
E quando dico questa cosa, tutti, con un risolino, mi spiattellano la tiritera dei back up, che ormai conosco a memoria, in tutte le versioni possibili: dalle più edulcorate con l’inclinazione della testa lievemente affranta, a quelle più acide che sottolineano la loro organizzazione impeccabile rispetto al mio guazzabuglio di vita.
Sono riuscita, questa mattina, con una buona intonazione della parola “Bidibi-Bodibi-Bù” a recuperare quasi tutto: ho frugato in rete, ho ravanato tra gli allegati delle mie mail, ho smosso polvere in tutte le mie nuvole più o meno informatiche… Ho perfino trovato qualcosa nei trash nascosti delle chiavette che avevo in fondo ai cassetti. E ho anche scoperto che Google Drive e Dropbox sono… ottimi “barattoli di conserva”, perfino per pasticcioni come me, che non mi sono mai presa la briga di installare decentemente una delle App che, automaticamente, salvano e organizzano tutto da sole.
Ora però ho un piccolo problema: ho migliaia di files, tutti piazzati in un'unica cartella “Download”. E molti di questi files, si chiamano “file.1”, “file.2”, “file.3”….
I resti del mio HD, assolutamente illeggibile in qualunque modo (visto che è a stato solido) giacciono negli scaffali della casa madre, come reperto statistico dei loro guai. E se penso che là dentro, c’erano pagine e pagine di appunti e riflessioni proprio sulla fault tolerance e sui rischi di guasto degli apparecchi elettronici, il mio stato emotivo subisce una specie di…forte padellata in testa!
Ora sono qui, sguardo perso, davanti a tutti quei files… L’attività è sempre la stessa: prendere qualche tisana rilassante, respirare a fondo e fissare attentamente la cartella “Download”, dunque cercare di mettere tutto a posto. Quando però provo a spostare qualcosa, rimango bloccata da un pensiero: “e se provassi a ipotizzare un senso di ordine ergonomico, definito decentemente una volta per tutte??” (in realtà erano mesi che mi ponevo il problema che, qui dentro, è impossibile trovare mai un tubo! Cercare un elefante o uno stuzzicadenti impegna le stesse manovre della ricerca del classico ago nel pagliaio). Questo pensiero, un po’paralizzante, ogni volta che metto mano a qualche spostamento “geniale” mi spinge a rimettere di nuovo tutto dentro la cartella Download e ripensare tutto daccapo.
Ho anche scartabellato in rete qualche buon suggerimento sulla parola “Ordine” (ivi compreso un’attenta analisi del catalogo Ikea), ma la parola “Ordine” rimane sempre un buco nero dentro il mio cervello. E….risuona-ona-ona-ona…
Al momento attuale ci sono svariate decine di “tentativi” di organizzazione ergonomica, tutti mollati a metà per intraprendere un’altra strada da capo, col risultato netto che, non solo ho una cartella “Download” con tantissimi file dal nome idiota “file.1”, “file.2”, “file.3”,… ma ho anche una specie di copia brutta di questo incubo, in tante cartelle il cui nome è “prova_ordine.1”, “prova_ordine.2”, “prova_ordine.3”…, col risultato netto che qualsiasi produzione nuova di altri files finisce immancabilmente nella cartella originale “Download”, ingarbugliando ulteriormente il mischione generale.
Insomma, un inferno: mi si sta cortocircuitando da solo il mio ultimo neurone rimasto. Peccato: era un buon neurone!