Questa mattina, prima di schizzare in ufficio sono stata
abbastanza perentoria: essendo già tutti andati a scuola, ho affisso un
cartello con minacce varie proprio davanti alla loro play station. Al momento quindi,
i casi sono due:
1)
Arrivano a casa, si tuffano sulla play, spostano
il cartello e cominciano a giocare
2) Arrivano
a casa, su tuffano sulla play, leggono il cartello e cominciano a giocare.
La probabilità che si attui il caso
1 o il caso 2 è direttamente proporzionale alla quantità di moto impiegata nel
tuffo, la quale a sua volta è direttamente proporzionale al tempo trascorso
dall’ultima giocata, la quale a sua volta è funzione degli accordi presi nella
turnazione tra i fratelli. Difficilmente i compiti costituiscono una delle
variabili fondamentali per il calcolo della quantità di moto.
Il concetto espresso dal mio cartello era abbastanza
semplice: se si azzardano a tardare oltre nella sistemazione della loro camera,
la mia vendetta sarà atroce.
L’unico baco consiste forse nel fatto che non ho ancora ben
chiaro quale sia il tipo di vendetta che potrebbe concludersi con un buon
risultato. Mi basterebbe anche solo un risultato decente, che sarebbe comunque
il primo dopo tanto tempo di lotte inutili.
Funziona sempre così: al sabato si entra in camera loro
vestiti da samurai, si fa qualche balzo acrobatico roteando il manico della
scopa, poi ci si presenta con un lanciafiamme sperando di spaventarli almeno un
pochino e poi è ora di cena. La camera, nel frattempo, non ne vuole sapere di
mettersi a posto da sola.
E questo va avanti da anni, fintanto che non si presentano
le giornate come oggi. Oggi, prima di uscire per andare in ufficio ho provato a
cercare le mie calze. Il mio cassetto della biancheria è vuoto come un treno
per pendolari a ferragosto: continuando a fare bucati per “loro”, sono indietro
con i lavaggi delle mie cose. Gli unici oggetti che vagano nei miei cassetti
vuoti non avevano niente a che fare con l’oggetto “calze” e avevano la stessa
aria triste della particella di sodio nell’acqua Lete.
Ecco il risultato: oggi sono in ufficio con un calzino che
arriva al malleolo e l'altro che arriva sotto il
ginocchio. Per fortuna, nella
penombra del “sotto-scrivania”, sembrano essere scuri tutti e due. Continuo a
tirarmi giù il pantalone e cerco di non muovermi troppo da questa sedia. Per
fortuna la mia postazione è "d'angolo" e ho infilato il calzino
"malleolare" sulla gamba destra, vicino alla parete e alla
cassettiera. Ho infilato la gamba lì dietro e...spero che non mi scappi la pipì
prima che siano usciti tutti dall'ufficio.Purtroppo sono passati solo 45 minuti e inizia a darmi veramente fastidio il crampo alla gamba destra. Mi vengono in mente i tempi in cui a scuola, in preda al panico da interrogazione, speravi vivamente che qualche anima pia facesse suonare qualche allarme antiatomico, grazie al quale evacuare la zona. Se così fosse, aspetterei che si svuoti l’ufficio per provare a muovermi e far tornare quel minimo di circolazione sanguigna in grado di evitare l’amputazione, evento certo ora di sera.