giovedì 31 dicembre 2015

Il piano C

Ieri ero già a Trepalle sulla via del ritorno, appena in tempo, prima che il distributore di GPL chiudesse. Stavo già guardando rassegnata la lunga fila di luci rosse, in coda verso la dogana (molto natalizie, peraltro: da lontano, sembra una lunga fila di lucine dell’albero).
Due erano rimasti a Livigno in attesa del pullman: sarebbero stati il sesto e settimo passeggero della punto. Prima di tuffarci nella coda del ritorno, ci siamo accertati  che i due avessero preso il pullman con una telefonata, sperando che il loro cellulare fosse carico e l’elettronica non fosse del tutto congelata.
Dato che l'orario del pullman era già passato da un quarto d'ora (non oso pensare che cosa succede a due esseri viventi, a stare in piedi un quarto d'ora al freddo di Livigno, fermi ad aspettare qualcosa), i due hanno pensato bene di capire se quella cosa che somigliava ad una cacchetta di mosca sul cartello degli orari fosse qualcosa di importante. Era un asterisco. E riportava alla scritta "solo festivo". Ovviamente sono tornata a Livigno, facendo salire a bordo due pezzi di ghiaccio alti 1,80 e rigidi come due stoccafissi. Sotto il primo strato di ghiaccio c'erano Gigi e Marco. In auto ho chiesto se, almeno questa volta, per favore, evitavamo di farci inseguire dai doganieri a causa del sovraffollamento nella punto.
L’ultima volta probabilmente il baco consisteva nel fatto che i clandestini a bordo sono scesi dall’auto per saltare la dogana di nascosto, come due ombre furtive nel buio, ricomparendo dal nulla solo pochi metri dopo la dogana. Questa mossa, a giudicare da quello che è successo dopo coi doganieri, porta a pensare che il piano avesse delle evidenti carenze, almeno in qualche suo punto (e non mi riferisco nè alla tormenta di neve, né alla ricerca del portafogli, disperso nella neve fresca).
Passando al piano B, si pensato di far sfilare i clandestini candidamente davanti ai doganieri, salutando e fischiettando.
I preposti clandestini erano Matteo e Giulia. Alla dogana, nonostante la loro faccia d'angelo, sono stati bloccati ed è stato chiesto loro in quale auto di quelle in coda ci fossero stati 7 passeggeri. Matteo e Giulia sono riusciti a mantenere i muscoli facciali in posizione "sorriso", ma i doganieri per niente convinti, hanno fermato un'auto con due posti liberi e gli hanno "ordinato" di portare "i due ragazzi" fino all'albergo più avanti.
A me, che seguivo con la punto piena, hanno guardato dentro, constatato che avevo 4 ragazzi nella punto e un numero imprecisato di giacche, scarponi, sci e quant'altro... Hanno sorriso e mi hanno fatta passare.
Per la prossima volta mi deve venire in mente un piano C.

lunedì 21 dicembre 2015

La giornata della giacca a vento

Sebbene la tiritera della giacca a vento, con la stessa annuale pantomima, sia in vigore ormai da diverso tempo, ancora ci casco perchè mi dimentico sempre come funziona.
La “giornata annuale della giacca a vento” cade il primo giorno di freddo, in cui porto i miei vecchietti da qualche parte in macchina. Oggi, per l’appunto, dovendo andare a Lecco per dei guai con la motorizzazione, mi sono portata dietro i miei, ben contenti di vedere lago e montagne intorno, con un punto di vista  diverso dalla solita finestra di casa loro.
Il teatrino inizia a partire dal blocco del traffico, mentre aspetto in auto che loro scendano e finalmente siano entrati; appena finisco di scusarmi con tutti gli automobilisti, quando ormai sono quasi in tangenziale, mi  volto e vedo quei due lí senza giacca a vento. E a quel punto ricomincia la discussione annuale con mia mamma sul fatto che un maglione, per quanto “pesante”, sia un oggetto diverso da una giacca a vento.
Inizio sempre io, facendo osservare la temperatura sul cruscotto e avviando un dibattito sulla data e sulla posizione del nostro emisfero.
Mia mamma risponde dicendo che loro, la giacca, la tengono nell'armadio della casa in campagna.
In genere quando mia mamma esaurisce l'argomento dell’armadio della casa di campagna, io ho già fatto dietro front, trovato parcheggio esattamente al punto di partenza e sto spegnendo il motore. Il parcheggio nelle vicinanze di casa loro, in genere sgancia velocemente mia mamma dalla descrizione della vecchia casa in campagna e, dopo una buona mezz'oretta di ricerca delle chiavi, riusciamo a entrare per cercare qualcosa di invernale. Dopo aver constatato che in ingresso, di giacche, effettivamente non c'é manco l'ombra,  mi precipito nell'armadio del cambio stagione, gli infilo la giacca e si incomincia con un’approfondita analisi sulle responsabilità del ritardo accumulato. Mio papà ha sempre un orologio in controfase col resto del mondo, fatto che arricchisce moltissimo la discussione.
Quando arriviamo nuovamente all'auto, in genere siamo già passati alle considerazioni sul meteo e sull'opportunità di mettere una giacca a vento anche in assenza di vento.
Di nuovo in tangenziale, è il momento in cui ricordo di non avergli ancora prenotato il vaccino antinfluenzale e partono i tentativi per chiamare il medico. Mentre smanetto con la segreteria telefonica del medico, sperando intanto di non sbagliare strada, intavolo l'annuale discussione sull'opportunità di fare il vaccino anche a mio papà, visto che è infartuato. L'argomentazione che, proprio dal momento che é infartuato, mio papà è bene che faccia il vaccino, non so perché ma lascia sempre perplessa mia mamma, che passa a sostenere che però è allergico.
In genere il dibattito si esaurisce quando riesco a prendere un appuntamento col medico.
A quel punto, dato che sono certa di non riuscire a parcheggiare "dentro" il luogo di destinazione, l’idea è di paracadutarli in qualche posto relativamente comodo mentre io mi occupo del parcheggio; quindi propongo di ripassare le basi più elementari sull'utilizzo del telefono. Qui si aprono diverse variabili: il telefono in genere è a casa, oppure scarico, oppure, nel migliore dei casi, imprigionato in qualche tasca del maglione, sotto la giacca a vento che "io ho costretto loro a indossare".
Se si riesce a superare il punto per cui il telefono non è utilizzabile per cause misteriose e ineluttabili e chiaramente indipendenti dalla loro volontà, si passa all'organizzazione dei soccorsi e del loro recupero in virtù di un parcheggio distante chilometri dalla destinazione e di un ritardo siderale.
Quello che succede tra l’abbandono di Cip e Ciop in un posto “furbo” e il nostro ricongiungimento si riassume sempre in un certo numero di volte in cui mio papà perde e ritrova il cappellino. In genere conviene iniziare a cercare partendo dai posti più improbabili del pianeta.
Non ho ancora deciso cosa sia più grave: le loro annuali assurdità o il fatto che io ogni anno, ci caschi sempre.
Comunque, la novità rispetto alle altre volte, in questo mese in cui ho fatto avanti e indietro da Lecco ,é che la motorizzazione, oggi, ha partorito la mia patente! Urrà! 

martedì 4 agosto 2015

Corde e valige...


Per andare in vacanza ho sempre messo in valigia, prima dello spazzolino da denti, delle corde. E questa cosa delle corde ora prende anche i figli. Pesano, ingombrano e costano, ma quando si pronuncia la parola "shopping", tutti pensiamo alla goduria nello scegliere "una bella corda".



Domanda: quando avrò 80 anni, sarò in grado di fare le valige senza partire da una corda? Magari mi verrà la passione per l’uncinetto: sempre di corda si tratta…!

Tema: la casa é uno schifo totale.
Figli’s svolgimento: cominciamo a mettere a posto le cose più importanti... Il resto fa niente.
E questo è il risultato:
...Forse sarà per questo che i ragni si trovano benissimo in casa mia, come se fosse il loro habitat naturale; e per quanti sforzi io faccia per togliere dalle travi la loro matassa di rete, il giorno dopo torna tutto uguale a prima.


sabato 1 agosto 2015

…Meglio spegnere i contatti

…Sarà stato a causa di una notte trascorsa in attività frenetiche di tiro a segno contro una zanzara, sarà perché sono io che sono fatta strana e diversa…ma oggi, dopo aver perso un quarto d’ora a fare zig zag nelle vie della città in cerca di parcheggio, ho piazzato la punto in un certo punto X, dimenticandomi di prendere il minimo riferimento. Probabilmente quando ho parcheggiato, avevo la testa nel K-452b (il pianeta gemello alla terra) e, sommersa dal groviglio dei miei neuroni, ho seguito le gambe, più che il cervello e da questo stato di stand-by mi sono svegliata solo a destinazione.
Dopo di che, dalle 12,30 alle 14,08 (!!!) ho speso il mio tempo a girovagare per la città alla ricerca della mia punto.
Cioè, mi è capitato di non ricordare esattamente dove avessi lasciato l’auto, ma…. 1 ora e 38 minuti impiegati per trovare la punto credo che sia il mio record assoluto, che ci terrei a non superare.
Il luogo predisposto per perdere ogni traccia della propria auto, in realtà sono i parcheggi dei centri commerciali: sembrano fatti apposta per far svanire ogni memoria, specialmente delle auto di taglia piccola, le quali nutrono una vera passione per cacciarsi dietro al primo suvvettino che gli si piazzi nei paraggi. E questo lo so per certo perché la punto è un’auto “bassetta”. Quando l’ho comprata mi sono innamorata della sua grinta sportiva e la linea vagamente coupè; finito il periodo del primo amore, adesso la vedo per quello che è: “bassetta”. Ma tutto ciò pensavo valesse prevalentemente per i centri commerciali: che la periferia cittadina sia un luogo predisposto a divorare le punto blu perché sono auto basse, bè…questo non lo sapevo. In effetti ero immersa in un dedalo di vie tutte uguali, con le stesse dimensioni e delimitate da condomini alti che ostruiscono la visuale ad altrettanti condomini tutti uguali; anche la segnaletica era ripetitiva: al giovedì dalle 6 alle 9 c’è il lavaggio strade. Questo l’ho capito. Ma poi, una qualche particolarità che rivesta di colori un punto e ne faccia un luogo diverso dalla via accanto, non l’ho notato.
Quindi, all’alba delle 14,08, dopo la bellezza di 98 minuti trascorsi in preda a fame, sete, sonno, preoccupazione, tristezza, emergenza-pipì devastante e incazzatura solenne, ho portato a termine il mio giretto di commissioni “mattutine” e mi sono precipitata a casa, dove mi aspettava Gigi, seduto sui gradini di casa mia, perché gli avevo promesso una mano sui prodotti notevoli. Tra tutti e due, sembravamo due profughi: lui in fuga dalla tortura estiva dei compiti delle vacanze, fatti giusto per salvarsi dal debito di matematica e io in fuga dalle rughe di asfalto cittadine.
I prodotti notevoli sono stati l’over dose fatale che ha mandato in definitivo loop il mio sistema psicofisico: adesso mi sento tanto…come la clessidra di Windows XP che gira a vuoto mentre si guarda un po’terrorizzati uno schermo assolutamente bloccato.
Torno in stand-by ma prometto di non fare alcuna pericolosa attività in back round, questa volta, prima di trovarmi chissàddove.
Notte.
Spengo i contatti.
Ciao.