giovedì 22 gennaio 2015

Lezioni di algebra

Ieri, come da accordi, ho speso un'oretta ad assistere in algebra il Ciccio.
Coi figli, a me funziona così: mi siedo un po'distante, perché altrimenti aggiungo ansia. Non troppo distante, perché altrimenti non sono abbastanza partecipe.
Poi inizia un lungo e tormentato posizionamento delle mie pupille per centrare lo sguardo: se guardo attentamente dove scrivono, sto "sbirciando" con il malizioso scopo di coglierli in fallo ed è logico che loro, "poveretti", con un’arpia come me a fianco non possano portare a termine neanche la somma più banale.
Se guardo dove scrivono, ma con lo sguardo un po'perso, gli sto respirando addosso, prima avrei dovuto lavarmi i denti perché so ancora del caffè di questa mattina e inoltre, mi sento dire che se il mio unico scopo è quello di inquinargli l'aria senza stare molto attenta a quello che scrivono, è tanto inutile che io stia lì.
Allora, dopo essermi sfogata i bicipiti sullo spazzolino da denti e sul collutorio, torno in postazione e provo a puntare meningi e pupille su altro orizzonte. Mi siedo accanto-ma-non-troppo e provo delle esercitazioni pupillari "decentrate", in modo che dopo due minuti inizia a sopraggiungere, oltre all'irritazione, anche il mal di testa.
E qui iniziano due ore di balletto tra la cucina e la scrivania per portare le provviste a richiesta (la cioccolata però è sempre troppo calda, troppo densa, troppo fredda e troppo amara; il mandarino non è quello con la buccia migliore per la concentrazione; il panino con la mortadella, "per come lo preparo io", non è abbastanza dietetico e il frigo di questa casa soffre del fatto che la spesa viene fatta da una perfetta incapace, che secondo loro sarei io).
Alla fine, quando i risultati di algebra coincidono con quelli del libro per almeno un buon 70%, si decide che è tardi e che ci sono altre materie in coda che premono.
Questo è il momento in cui mi sento congedare sempre con la stessa frase: "Tu non mi sei servita a un tubo, ho capito tutto da solo, ma ce l'ho fatta! Grazie lo stesso".
Ieri, per la prima volta, mi sono fatta un po'più furba: in mezzo al multistrato di fogli, bucce, penne, trucioli, tazzine e chissà che altro del Bertoni-casino sulla loro scrivania, ho trovato proprio davanti a me due preziosi auricolari, attorcigliati in un groviglio indistricabile, ma più o meno funzionanti; avevo anche il pc, con la batteria stranamente carica. Mi sono seduta accanto al Ciccio, ho infilato le cuffie e mi sono aperta un ebook con un cd di sottofondo. In questo modo, persino la sua algebra aveva un aspetto meno inquietante del solito…!
Sto facendo (e lo dico pomposamente) il "correttore di bozze". Tradotto: una cara amica, con la penna sopraffina, mi ha chiesto un parere su un racconto nato con il solo scopo di fungere da "bigliettino di auguri"; come puó capitare alle penne "doc", se ti fai fregare dalla vena creativa, parti con la lista  della spesa ma poi sputi fuori un libro. Quindi avevo anche la scusa di un "lavoro commissionato su richiesta": dare un parere su un "bigliettino di auguri" di 56 pagine in Times 9, intestazione, citazioni, foto e ringraziamenti.
Ciò non mi ha dispensato dai giretti verso il frigo con le solite lamentele, ma almeno, a spizzichi e bocconi, senza sentire troppo attentamente il 90% dei borbottamenti a bassa frequenza provenienti dalla postazione del Ciccio accanto alla mia, mi sono deliziata con un racconto che, personalmente, trovo delizioso e che spero presto sugli scaffali di un vasto pubblico.
Meno male esistono le amiche che ogni tanto, ti salvano persino dai figli e dalla loro algebra!


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