A proposito di posti assurdi: la Liguria è fatta con una serie di rocce a picco sul mare; detta così sarebbe affascinante, se non fosse per il fatto che in anni di speculazione, siamo riusciti a inserire in un tratto di costa largo come il mio fazzoletto, una ferrovia, l’Aurelia, l’autostrada, una lunga serie di spiagge, paesini intervallati da serre e serre intervallate da paesini. Una lunga e stretta striscia di invasione umana, accatastata alla rinfusa e a ridosso sul mare.
Lista del materiale
occorrente per formare la costa ligure |
Le spiagge: la sabbia è una rarità e per portarcela devi
usare ogni anno i camion, che fanno da tappo alla solita, sempre lei,
Aurelia-monocorsia-tante-curve-e-lavori-in-corso. Se la mini-spiaggia ha la
sabbia, il suolo ha un costo al metro quadro pari al valore di un
appartamentino in Costa Azzurra. Se la sabbia non c’è, si stende l’asciugamano
su un pezzo di terra e sassi. In questo luogo di amena serenità, per fare i
dieci metri che ti separano dalle onde, occorre chiedere “permesso” almeno
dieci volte; chiaramente, poiché la geometria detta leggi esatte, se in un
fazzoletto di terra, confinato dalla ferrovia alle spalle e dal mare di fronte,
si intendono ospitare i turisti che provengono dal nord Europa, i piemontesi, i
lombardi e qualche altro curioso, per forza di cose si deve ipotizzare il
“multistrato”; per passare, le prime cento volte si chiede “permesso”; dalla
centouno in poi si è presi dalla monotonia e la buona educazione lascia il
posto alla noia della ripetizione.
Ovviamente è proibito giocare a palla; dico solo “proibito”
e non “impensabile” perché quando si ha meno di quindici anni, si è in una
spiaggia e si hanno altri coetanei simpatici con cui dividere la vacanza, si
riesce anche ad organizzare partite agguerritissime sulla pancia dei turisti.
E’ un problema geometrico: se tutta quella gente “non ci
sta” in una terra così ridotta, per forza di cose è indispensabile
regolamentare tutto, giusto per una questione di sopravvivenza; ad esempio
occorre regolamentare il parcheggio, che ovviamente è insufficiente per
ospitare tutti, pertanto “regolamentare il parcheggio” significa essere
perennemente in contravvenzione, oppure ricorrere, quando ci sono, a spazi
costosissimi. E questo è il “lato B” della faccenda, che ha contribuito
pesantemente a mollare a casa il capo famiglia il quale, dopo aver esaurito la
sua forza fisica e mentale a caricarci l’auto con armi e bagagli, ha espresso
le sue ultime briciole di forza per salutarci con il fazzolettino dal cortile
dei box mentre si fregava le mani pregustandosi la “vera” vacanza con casa
libera, orari a caso e rutto libero.
Noi invece siamo partiti per il mare, sognando il “lato A”
della Liguria. Stando un po’attenti e con una spesa ridotta, si può godere di
luoghi davvero incantevoli, lontano da tutto. Gli scogli nerissimi contrastano
con il blu del mare profondissimo, che spruzza direttamente sulla faccia di chi
riesce a stare in bilico sulle rocce appuntite. Anche il granchietto che,
saltando fuori dagli scogli ti salta sulle ginocchia ha il suo fascino. La
natura prorompente vince sulla siccità e sulle asperità del luogo, sulle cui
rocce trovano alloggio le radici di macchie di colore profumatissime: gialle
ginestre, bouganville violacee e oleandri in technicolor riescono ad
accomodarsi talmente bene che sembrano invasori infestanti e te li ritrovi
dappertutto.
L’entroterra è fresco e rigogliosissimo; i ruscelli creano
pozze d’acqua blu dove è impossibile trattenersi da qualche tuffo. Il profumo
della terra e degli ulivi contorti lo ritrovi in tavola, dove l’olio, da solo,
è in grado di trasformare un hamburger in una prelibatezza.
Ma il vero jolly di quelle terre sono i liguri: in
moltissime occasioni abbiamo avuto riprova che sono tutti disponibili ad
adoperarsi per risolvere ogni tuo problema o, nel caso, si danno un gran
daffare per coinvolgere amici o conoscenti che hanno la chiave giusta per
aiutarti.
Insomma, le poche settimane per scoprire il “lato A” sono
sempre troppo striminzite, per quanto sia il loro numero; e, per quanto
riguarda noi, quando dobbiamo fare armi e bagagli per tornare a casa,
l’operazione prevede sempre una profondissima tristezza; da anni. Ed è stato
così anche questa volta, quando, verso metà luglio abbiamo dovuto salutare quella
che è stata “casa nostra” per quasi un mese.
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