giovedì 18 aprile 2013

Ripetita juvant...sed stufant



Inizio davvero ad averne piena l'anima di tutta sta autonomia dei figli con la loro auto elettrica! Il lato positivo (a volerlo proprio cercare a tutti i costi!) è che ho ricominciato a scrivere. Infatti questa mattina i casi erano due: fare una figli-strage, oppure sfogarmi nel pigia-tastismo. Soprattutto per pigrizia, ho optato per la 2.
L’altra sera, dopo i trascorsi già descritti l'altro giorno (recidivo), tutti abbiamo chiesto, per diverse volte, se l’ultimo ad utilizzare la Twizy si fosse ricordato di metterla nel box. Che fosse iniziata male, si doveva intuire già dalla domanda mal posta: tutti gli abbiamo chiesto se l’avesse messa nel box, non se l’avesse messa “in carica” nel box. E questo è un baco comunicativo, evidentemente a carico nostro.
Conseguenze del baco: Andre è arrivato a casa da scuola sfruttando gli ultimi attimi di vita della batteria nonché la rampa di discesa dei box per arrivare al suo, che –mannaggia- è proprio l’ultimo in fondo. Con l’ansia accumulata negli ultimi 10 km, la fame delle due del pomeriggio e complice la lampadina del box bruciata da due mesi, ha usato la forza di Ulk per costringere la spina ad infilarsi nella presa nonostante proprio non volesse saperne di entrare. Spesso gli oggetti e la loro forma geometrica hanno una loro logica e se questa logica viene contrastata ne nascono delle conseguenze che si evidenziano a breve. Ad esempio, la forma della spina e della presa dell’auto sono fatti geometricamente in modo tale da impedire di mettere in contatto il polo “più” con quello “meno”. Se Ulk ha la capacità di superare i problemi geometrici, si passa direttamente ai problemi elettrici, che possono essere un po’più complicati da risolvere. Il scintillone che ha fatto finalmente un po’di luce nel buio pesto del box e la puzza di bruciato hanno evidenziato che, effettivamente, qualche cosa di anomalo poteva essere successo. Ma la fame delle due del pomeriggio ha fatto passare inosservato ciò che in quel momento sembrava un problema "marginale" e con un ordine di grandezza inferiore, rispetto alla visione di un piatto di spaghetti caldo e fumante che lo avrebbe atteso in cucina: il box è un ambiente decisamente poco accattivante, soprattutto alle due del pomeriggio e al ritorno da scuola.
Ieri pomeriggio tutti avevano impegni pressanti ad orari incalzanti e tutto era stato pianificato in modo tale che tutti, a turno, senza margini di errore, fossero indipendenti con la loro auto (cioè, la stessa auto che era appena stata messa fuori uso collegando male i poli della presa alla batteria). È un po’crudele il ricordo dell’accesa discussione della sera precedente, sul calcolo fine dei  minuti che Tizio ci avrebbe messo per tornare dal centro e consegnare l’auto a Caio, il quale avrebbe dovuto a sua volta avere tempi strettissimi per tornare dal suo giro e riconsegnare l’auto a quello dopo nella lista…
Di necessità virtù: a pancia piena, accorgendoci che la Twizy era fuori uso, abbiamo dovuto tutti adattarci ad un programma alternativo, improvvisato sullo sfoltimento degli impegni ma, soprattutto, basato sul solito taxismo che prevede la mia presenza in posti diversi alla stessa ora e sprovvisti dell'indispensabile dono dell'ubiquità. Dato che era un po’di tempo che non mi esercitavo più nella lotta contro lo spazio-tempo, ero un po’giù di esercizio sulle curve su due ruote.
Ricapitolando, il tutto è andato più o meno così: mentre ero in pieno centro a Monza ad accompagnare Andrea, cercando “l’isola che non c’è”, ovvero un parcheggio per la punto (operazione che in genere prevede ore di fatica e un posto a pagamento allo stesso costo di loft in affitto), “tuona” il telefono; era il Lele (con solita telefonata costosissima a carico del destinatario) e si sentivano di sottofondo le urla dell'istruttore di guida per il suo patentino: senza il foglio rosa (disperso da un paio di giorni chissà dove) sarebbe saltata la lezione di guida, fondamentale perchè l'ultima prima dell'esame del giorno dopo. A piedi, ansimante, era stato rimandato a casa dall’istruttore a svuotare tasche, cartelle, zainetti e altri posti improbabili alla ricerca del foglio rosa.
Era meno di un’ora che era iniziato il pomeriggio e avevo già in attivo una spesa che copriva il mio budget settimanale tra parcheggio e telefonate a carico del destinatario, un ritardo inimmaginabile sugli orari di Andrea per i suoi impegni e appuntamenti nel  centro di Monza (girare il centro e trovare parcheggio con la Twizy è una cosa; per la punto invece è tutt'altra storia) e un’ora e mezza di guida pratica per il patentino, investita invece a cercare il foglio rosa. Tra un trillo e l’altro del telefono mentre cercavo di far manovra con una mano sola, si erano infilati anche utili consigli di mio marito, su metodi di organizzazione più precisi e puntuali; consigli che erano riusciti abbondantemente ad abbassare le ultime riserve di energie nervose, che a quel punto erano decisamente sotto la soglia del loro limite fisiologico.
Ieri, generosamente, visto che era previsto che tutti fossero stati autonomi con la loro auto, mi ero offerta di andare a prendere il mio nano-mostro e un gruppetto di amici  della sua classe al rientro dalla gita scolastica; l’ora del loro rientro si avvicinava ed ero solo al punto 1 della mia inaspettata lista di accompagnamenti. Quando la scuola mi ha telefonato ricordandomi che c’erano gli ultimi 4 bambini e un’insegnante che aspettavano solo il mio arrivo, per fortuna ero solo a pochi chilometri di distanza perché la spia della riserva non prometteva nulla di buono.
Rimaneva da ultimo ancora da capire come risolvere l’immobilità di un’auto elettrica, cacciata dentro l’ultimo box in fondo alla rampa.
Ho provveduto, come punto 1 dell’algoritmo, a procurarmi una lampadina per il box. Credo che questo sia stato il lato positivo di tutta la storia: dopo due mesi di buio finalmente avevamo finito di pestare piedi, gomiti, ginocchia o altri punti sporgenti contro tutti i posti più appuntiti del box.
Anche il fatto che l’ultimo urto contro un paletto avesse divelto il parafango della Twizy mostrava il suo lato positivo: alla luce della lampadina, senza parafango che ne coprisse la vista, il caso ha mostrato ben in evidenza il luccichio di un chiodo che sporgeva dalla gomma.
Prima di scoprire altre sorprese interessanti, ho lasciato il chiodo dove si trovava, con la sua funzione di “tappo” per il buco sul copertone e ho spento la luce rimandando la risoluzione di tutto il campionario di disguidi a tempi migliori…
Questa mattina, con l'auto elettrica ancora fuori uso, Andrea è stato accompagnato a scuola dalla sottoscritta. Siamo usciti prima di tutti gli altri e, prima di uscire, ho cercato di svegliare tutti i figli rimanenti; il solito ritardo mattutino di Andrea non mi ha consentito attardarmi troppo in verifiche sul fatto che tutti fossero davvero attivi quando ho chiuso la porta dietro di me. Durante il tragitto e durante la mattinata ho telefonato più volte a casa per accertarmi che avessero capito che la mamma che li sveglia non era il soggetto di un loro incubo ma una realtà da affrontare seriamente, ma nessuno ha risposto alle mie chiamate. Se sono ancora in pieno rem, do per certo che non siano in grado recepire gli squilli del telefono come una realtà concreta. Rimane la possibilità che non rispondano perché siano effettivamente usciti per andare a scuola.
Potrei verificare telefonando a scuola ma… dopo che ieri mi hanno chiamata più volte per il recupero degli ultimi quattro bambini rimasti ad aspettare me dal rientro della gita scolastica, non so bene come proseguire la telefonata dopo la parola “pronto”…
…Bo?
Che aggiungere d'altro se non... il godersi la meritatissima pace della scrivania dell'ufficio?

venerdì 12 aprile 2013

RECIDIVO


Non è sufficiente il caos cosmico generato l’altro giorno (scatole cinesi) dal non avere un cellulare perché i figli si ricordino di caricarlo alla sera. Si possono anche aggiungere altre possibilità, tipo: caricare il cellulare ma lasciarlo attaccato alla presa quando si esce di casa; scambiare il cellulare con quello di papà, ricevendo urgenti telefonate di lavoro a scuola in primo banco. L’iter in questo caso prevede il ritiro immediato del cellulare da parte della segreteria scolastica, una nota e la sottoscritta che deve piantar tutto per precipitarsi a scuola, scongiurando la Preside di soprassedere alle regole scolastiche che includono il ritiro dello stesso per "x" giorni. E a quanto pare la regola, per la segreteria scolastica, è cosa alquanto granitica: ti rispondono "c'è scritto così". Per quanto riguarda invece la voce "primo banco", è ovvio che chi viene spostato immediatamente al primo banco dai professori, è anche colui che, probabilmente, riempie più in fretta la lista "casini & disguidi", incluso lo scambio e lo squillo dei cellulari quando non dovrebbero. La lista “imprevisti da cellulare” è lunghissima e molto fantasiosa. Se comprende lo scambio dei cellulari, non so come, ma finisce sempre con la constatazione che in in qualche modo è colpa mia: il cellulare l'ho messo io in un posto che non andava bene ed è suonato nel momento topico perchè, "per forza": io l'ho messo lì, loro se lo sono scambiato ed è stato il cliente che, cercando il papà, l'ha fatto suonare proprio durante la verifica di matematica. Pongo l'accento sul fatto che, in tutta questa storia, "il figlio x" non è mai presentato come il soggetto causa prima del disguido.
Il cellulare però è un semplice co-protagonista della lunga lista di possibili disguidi mattutini. Ad esempio, c’è un gran pasticcio sullo scambio di chiavi di casa e le chiavi dell’auto che in genere conduce spesso alla chiusura dell’algoritmo nel solito modo: qualcuno rimane sotto la pioggia per ore ad aspettare che qualcun altro apra qualcosa con le sue chiavi. L'auto elettrica offre un vastissimo campionario di possibili imprevisti lungo ogni tipo di tragitto, con picco esponenziale crescente di probabilità quando si è in ritardo. E alla mattina, si è in ritardo per definizione.
Ora, inserendo la variabile “auto elettrica” dei figli, si esclude, se Dio vuole, il rimanere senza benzina nei posti più deserti del pianeta; si introduce però la seconda variabile: rimanere senza batteria nei posti più deserti del pianeta. Dopo le epopee dell’altro giorno che ho già ampiamente commentato, abbiamo avuto la sorpresa che un figlio, ieri sera, ha dovuto superare un percorso a ostacoli compiendo diverse manovre che intuisco, ma faccio finta di non sapere, o quanto meno, cerco di allontanarmi dai dettagli; una lunga sequenza di manovre avevano lo scopo finale di mettere in carica la Twizy ma, a monte, prevedevano il recupero delle chiavi dell'auto chiuse dentro un box di cui erano state disperse le chiavi; e le chiavi del box erano probabilmente imprigionate dentro il cassettino della Twizy, apribile solo con le chiavi dell'auto disperse nel box.
Apparentemente un loop irrisolvibile la cui origine mi è ancora misteriosa e incomprensibile.
A prima vista sembrava tutto andare a meraviglia: le chiavi della Twizy erano state recuperate; erano effettivamente cadute per terra nel box e le chiavi del box erano state effettivamente abbandonate dentro la Twizy, apribile solo con le chiavi dell'auto. E sembra anche che il fatto di avere dei figli minuscoli sia una cosa molto comoda, soprattutto quando hai bisogno di entrare in un box senza averne le chiavi: ci infili il mini-figlio facendolo passare dalla fessuretta che c'è in cima alla saracinesca; se lo gnomo ha un diametro che non supera i 13 cm, "basta scavalcare" ed è cosa fatta.
A detta loro, "facilissimo".
Non so altro. E non ci tengo a scoprire ulteriori dettagli.
A questo punto però, evidentemente le loro energie psichiche devono essersi esaurite e la procedura di carica della Twizy deve subìto un brusco arresto appena prima dell'inserimento della presa della batteria dentro il 220V.
Credo sia la stessa sensazione provata quando capita di accendere il videoregistratore nuovo senza inserire la presa e, convintissimi di un guasto, si prova a contattare il centro assistenza, sentendosi un po’cretini già dopo il suggerimento 1 del risponditore automatico: "hai allacciato la spina alla corrente?"
Secondo la ricostruzione dei fatti, questa mattina Andrea era in ritardo per andare a scuola (per la verità, l’inciso “questa mattina” è un concetto che rende poco l’idea dei ritardi di Andrea) e gli è sembrata una vera fortuna trovare la presa elettrica già staccata: non dover perdere tempo prezioso a staccare la presa del 220V e non doverla cacciare a forza nel micro-vano dell'auto per farcela star dentro era proprio quello che ci  voleva! Il baco del ragionamento si è mostrato pochi chilometro dopo…
Non vado oltre perché mi sembra di sparare sulla croce rossa…
Mi limito ad osservare che avere figli “autonomi” è un’attività abbastanza stressante…! 

mercoledì 10 aprile 2013

Scatole Cinesi



Evviva! Due abitanti di casa mia hanno compiuto l'età da patentino; è automatico che munirli di ruote significa meno "taxismo feroce" per me.
Eppoi ora c'è un buon mercato sull'usato delle vetturette con tanto di air bag, cinture e autoradio; quella dei miei figli è un "macinino" elettrico: la figata consiste nel dimenticarti la sosta alle pompe di benzina; cosa ancora più divertente in tempo di austerity, sta nel far schiattare d'invidia il tuo vicino che è costretto a tenere la Porche nel box, mentre tu potresti andare in macchina dal giornalaio di fronte anche durante le domeniche a piedi.
Insomma, sulla carta è tutto ok.
Poi… bè, ...poi ci sono gli imprevisti.
Il primo punto da considerare è che, normalmente, sul territorio nazionale ci sono almeno 10 autofficine nel raggio di 1 km. A fronte di questa statistica, l'unica autofficina in grado di mettere le mani su quelle macchinette è a 20 km da casa mia. Questo implica un po'di taxismo accompagnando i figli dal meccanico per poi riportarli a casa. E riaccompagnarli ancora dal meccanico quando l'auto è pronta da ritirare. E tornare dal meccanico a portargli le chiavi dell'auto che erano rimaste nella giacca del figlio che hai portato a casa.
L'ultima volta mi sono sentita sottolineare dal mio "lungo" adolescente che ero noiosa a continuare a chiedere le stesse cose e che l'halzaimer alla mia età poteva essere un po'precoce. Sta di fatto che, nonostante l'insistenza della mia domanda "sei proprio-proprio-proprio sicuro di avergli lasciato le chiavi, questa volta?", dopo mezz'ora c'è stata la solita telefonata del meccanico, con la solita corsa a portagli le chiavi entro l'orario di chiusura. Non mi sento io noiosa come insiste mio figlio; ciò che trovo più noiosa è la ripetitività degli eventi.
Oggi invece, complice la batteria della Twizy, siamo rimasti imprigionati in un giochino che si chiama "scatole cinesi": consiste in un'attività che costringe ad un'altra sotto-attività analoga, la quale costringe ad un'altra sotto-sotto-attività analoga, … e così via in un loop che potrebbe andare avanti all'infinito.
Provo a descrivere l'algoritmo per punti:
1) Andrea dimentica le luci dell'auto accese per tutta mattina mentre è a scuola
2) Il cellulare di Andrea è scarico (come sempre!)
3) Al ritorno da scuola, la batteria dell'auto si scarica dopo qualche minuto, in un punto imprecisato della campagna brianzola.
3) Andrea chiama la mamma (che, ahimè, sono io!) dal cellulare di un passante.
4) Gli do il numero verde del soccorso convenzionato, che dovrebbe venirlo a prendere gratuitamente
5) Visto che il suo cellulare è scarico, chiamo io il numero verde.
6) Scopro che il numero verde che abbiamo segnato è relativo solo alle auto ancora in prova dalle concessionarie. Grazie a un una lunga serie di manovre, riesco a recuperare il numero verde aggiornato.
7) Scopro che né il mio telefono fisso, né il mio cellulare, sono abilitati alla chiamata del nuovo numero verde, che, ahimè, non comincia per 800 ma per 199. L'abilitazione ai numeri che cominciano per 199 è fuori discussione: occorre inviare una richiesta via fax e aspettare la risposta che arriva in due-tre giorni lavorativi. In compenso Vodafone mi garantisce che il cellulare di Andrea sarebbe già abilitato, se non fosse scarico.
8) Chiamo mia madre (quella che è impegnatissima a fare scatoloni per traslocare vicino a casa nostra, dal momento che alla sua veneranda età, "lei" potrebbe aver bisogno del "nostro aiuto"). Sperando che il suo telefono sia abilitato, provo a dettarle che cosa deve dire all'operatore del call center per recuperare Andrea.
9) Mia mamma, dopo essere arrivata al quarto tasto opzionale da pigiare, si è inceppata alla quinta domanda e mi ha telefonato chiedendomi strane informazioni sulla data di immatricolazione del veicolo.
10) Non avendo sottomano il libretto dell'auto, che ovviamente è in mano ad Andrea e lui è irraggiungibile causa cellulare scarico, ho pensato di chiamare la concessionaria dalla quale abbiamo acquistato la macchina, sperando che loro sapessero rispondere.
11) Il concessionario mi ha dettato gli estremi da dichiarare al numero verde che ho dettato a mia mamma e che ha ripetuto al call center, per poter proseguire fino al quinto tasto opzionale, dove si è bloccata di fronte alla sesta domanda.
12) Il punto precedente è stato ripetuto un po'di volte, con diverse varianti. Una delle varianti è consistita nel fatto che il concessionario chiamasse direttamente il call center, ma si è inceppato in qualche altro tasto opzionale che mostrava pieno disaccordo con i termini di privacy.
13) L'ultimo tasto chiedeva, necessariamente, la voce del diretto interessato, cioè Andrea. Da qui, l'algoritmo può ricominciare tutto daccapo.
Quello che ha interrotto il giochino delle scatole cinesi è stato un evento aleatorio del tutto inaspettato: Andrea è entrato in un centro estetico (bè… nel verde della campagna brianzola, …quello ha trovato!), la titolare aveva un caricabatteria per il cellulare, magicamente compatibile con il cellulare di Andrea e lui ha potuto finalmente chiamare il carro attrezzi interrompendo il loop.
In questo momento lo sto aspettando. Non è ancora rientrato. Il carro attrezzi, due ore fa, gli ha detto che al massimo entro mezz'ora sarebbe arrivato. Nessuno osa muoversi dalla propria postazione, per essere rintracciabile qualora qualcuno introducesse un'ulteriore variabile aleatoria.
…Bo?

…E com’è andata a finire?
Ok, me lo avete chiesto per mail, per sms e per telefono.
La lista di tutte le robe successe tra le 17.30 e le 21.15 (ora dell’agognato rientro) comprende una gomma a terra, una colonnina di ricarica guasta, un tizio del carro attrezzi veramente antipatico e, non ultimo, un telefono spento ma carico di un fratello, casualmente ritrovato dentro la cartella di Andrea e che avrebbe potuto utilizzare in uno dei pomeriggi più lunghi della sua vita.
I particolari li racconterò appena avrò un “secolo” di tempo per scrivere….