domenica 29 aprile 2012

I matrimoni... da dietro le quinte

sposi
Love!

Un’amica blogger ha racchiuso, egregiamente secondo me, entro una nuvola di emozioni e di pensieri il motivo fondamentale per cui si arriva al giorno del matrimonio e come mai lo si sogni proprio così (http://leapiregine.blogspot.it/2012/04/traccia-prometto-di-esserti-fedele.html#more).
Io, di quel ricordo lontano, ho ancora vivo l’andare a curiosare dietro le quinte, cosa che faccio sempre ai matrimoni, e sbirciare da lì.
Sbirciare le vecchie zie, che arrivano per prime e sono preoccupate di non trovare posto.
Sbirciare lo sguardo preoccupato dello sposo, quando lei supera i cinque minuti di ritardo alla cerimonia. E sbirciare lo sguardo di lei quando arriva, bellissima; nei primi passi teme che le possa capitare di tutto e benedice il fondotinta che le copre il rossore; ma poi procede sicura, incredula lei stessa di riuscire ad arrivare fin lì, come fosse un’asse d’equilibrio.
Sbirciare i cappellini delle nonne, che potrebbero fare invidia alla Regina Madre.
Sbirciare i giovani genitori che, con i loro vestiti stretti ed eleganti, non riescono a star dietro al piccolo che corre sfrenato tra i banchi della chiesa.
Sbirciare le facce un po’impacciate degli invitati che si alternano per fare le foto sul sagrato poi fanno la fila per baciare la sposa.
Sbirciare le anziane signore sui tacchi, preoccupatissime di scivolare su tutti quei chicchi di riso sparsi per terra.
Sbirciare gli sguardi di convenienza tra parenti lontani che commentano che non bisognerebbe aspettare solo matrimoni o funerali per incontrarsi.
Sbirciare chi, in chiesa, si pone il problema serio di quale sia la fila più conveniente dove mettersi e poi vaga, nel ristorante, in cerca del proprio segnaposto sperando che sia abbastanza vicino al bagno.
Sbirciare i terribili gemelli che si rincorrono sotto i tavoli e con le dita unte e un po’appiccicose, cercano di riemergere da là sotto aggrappandosi alle gambe della gente seduta.
Sbirciare lo sguardo preoccupatissimo della giovane mamma che cerca di trovare uno scaldabiberon per acquietare la piccola entro mezzogiorno.
Sbirciare la ragazzina che non sa bene come stare in equilibrio su quel tacco che sfoggia per la prima volta ed è troppo alto per lei.
Sbirciare il calzino corto, appena sopra al malleolo, che spunta dal pantalone di quel signore che ha accavallato le gambe; sbirciare la moglie di questo signore, che indossa il collant a gambaletto sperando che nessuno lo noti.
Sbirciare lo sguardo di chi cerca di tuffarsi nella scollatura della splendida ragazza seduta a fianco.
Scoprire che chi è seduto al tavolo, come te si è deciso ad andare negozio della lista nozze troppo tardi e, non trovando più nulla, come te ha contribuito alla centesima caffettiera.
Sbirciare la madre della sposa che soffre di raffreddore allergico e con questa scusa giustifica i lacrimoni che ogni tanto scendono dall’emozione.
Scoprire qual è la cameriera alle prime armi, che teme di far cadere tutto ma vuol far bella figura con quel fusto del suo collega, tentando di portare quello che cadrebbe a chiunque.
Applaudire, a fine serata, a quelli che provano ad intonare canzoni allegre.
Ridere di gran gusto per il discorso strampalato degli amici, dopo aver alzato l’ennesimo calice.
Sbirciare lo sguardo di rassegnazione degli sposi, all’ennesima intonazione di “bacio-bacio”.
Sbirciare lo sguardo delle amiche che sperano di essere centrate dal lancio del bouquet.
Sbirciare lo sguardo un po’marpione degli uomini, che sperano di essere centrati dal lancio della giarrettiera.
E questo è quanto, secondo me, è la parte più divertente dei matrimoni.
Io al mio, mi sono divertita moltissimo!

venerdì 27 aprile 2012

I "pensiunà"

vecchietti
"Su e giù"... per il pianoro
Questa mattina ho perso almeno dieci minuti in fila in auto. Non c’era la solita coda: probabilmente gli altri autisti, come hanno visto lui svoltare di lì, hanno capito e sono stati più svelti di me a prendere un’altra strada.
Davanti a me ce n’era uno solo: un “pensiunà”. Solo loro sono capaci di occupare, da soli, 10 corsie di un vicolo a senso unico.
Quello di questa mattina era in bicicletta. Assolutamente IN-sorpassabile. Le ginocchiette a punta sporgevano perfino dall’asse del campanello del manubrio. Il cappellino a tesa larga toglieva qualsiasi visuale, per non parlare della Gazzetta sotto il braccio. Il nasino un po’all’insù era in pieno centro di una faccia beata.
A guardare la mia, di faccia, con il solito aldosterone impazzito che attivava la solita ansia-da-ritardo producendo una smorfia contratta quasi di dolore fisico, sorge spontanea la domanda: chi dei due è il più “figo”?
Sabato scorso, mentre bighellonavo con un figlio perdendomi in bicicletta nei boschi brianzoli, ne ho incontrati diversi. Il più buffo viaggiava con la moglie: pantaloni alla zuava di velluto a coste e bretelle, bastoncini da passeggio, calzini bianchi e scarponcini allacciati col fiocco. La moglie aveva la borsetta. Entrambi avevano lo stesso cappellino da giovane alpino. Li ho incontrati a 300 metri di quota, naturalmente: l’altitudine eccessiva può essere dannosa per le coronarie. Meglio essere prudenti…!
Poi li incontri al parco, alla mattina: sono generalmente tutti uomini, stanno attorno all’unica panchina che ospita i più malfermi, gesticolano sventolando la Gazzetta e parlottano di politica e dei vecchi tempi del Duce.
Oppure li incontri in fila ai prelievi di sangue: ricordo che quando avevo i figli piccoli, eroicamente, sopravvivendo ad imprese inenarrabili e intoppi di ogni genere, riuscivo ad uscire di casa giusto un nanosecondo prima di trovare chiuso lo sportello e davanti a me c’era, ovviamente, la sala d’attesa piena zeppa. Il mio numero di attesa era sempre a tre cifre. I primi della coda sono sempre loro: età anagrafica superiore ai “tanti-anta”, parlottano tra loro con accento dialettale e confessano di essere un po’in ansia perché non sono sicuri se, alle nove del mattino, troveranno ancora il loro pezzo di pollo preferito alla bancarella del mercato.
Gli ultimi a popolare la sala d’attesa sono invece le mamme, che non sanno più cosa inventarsi per tirar giù il pargolo dai posti più improbabili o per tirar fuori dalla bocca degli junior le schifezze più atroci apparse magicamente da chissà dove.
E questi ottuagenari sono tremendamente simpatici e sono perfino capaci di farti sorridere di fronte al fatto che Andrea, questa mattina, sia arrivato in ritardo a scuola: che saranno mai cinque minuti di ritardo? Quando avremo novant’anni come loro, chi se ne ricorderà più?
Altri invece sono decisamente più scorbutici e ieri non ho resistito: gli ho fatto una linguaccia (era il modo più “carino” per esprimere il mio disappunto);. secondo loro i ragazzi sono sempre molto maleducati, ai loro tempi era diverso, oggi non c’è più rispetto e tutta la loro contrarietà scaturisce dal fatto che ne vedono un paio giocare a pallone rovinando le aiuole del parco.
Tutto sommato, se oggi viviamo in un mondo impietosamente inquinato e popolato da una società che è…”questa” società, cioè un masigotto indistricabile di tutti i problemi possibili, probabilmente qualche responsabilità l’avranno pure loro.
...O no?

giovedì 26 aprile 2012

Softair a Voghera e buche a Vigevano


buche piazza Vigevano
La piazza di Vigevano e le sue buche
Vigevano.
Bellissima! Sebbene i primi insediamenti risalgano al neolitico, l’intrigante della storia della città comincia nel XIV secolo; e ci si tuffa a capofitto curiosando nel castello visconteo. La piazza poi… è il salotto bello di casa! I gelati sono spaziali e… (http://www.itineranet.it/vigevano/)
Ma iniziamo dal principio: ieri abbiamo messo in conto un giro fino a Voghera per il softair di Abi (ha ricevuto in regalo uno smart box di avventura, con una vasta scelta tra tutte le amenità più strampalate; avendo la fissa di giocare con i soldatini e piacendogli molto i giochi di strategia come gli scacchi, ha puntato sul softair http://softairvoghera.blogspot.it/2010/12/le-regole-fondamentali.html). Contrariamente a quanto si possa pensare, il softair non è affatto così terribile: si divertono a fare la guerra, vestiti da soldati e con fucili simili a quelli veri, esattamente come facevano da bambini in giardino. Anche noi ogni tanto, passando da lì, dovevamo essere colpiti e morire per le gravi ferite subite; e, se vi ricordate, i genitori più invidiati erano quelli che morivano tante volte e in modo teatrale.
Ecco: uguale, solo che i genitori possono evitare i melodrammi scenografici, mollando i loro rampolli agli istruttori del gioco. Strategie, attacchi, corse folli in salita e fughe a rotta di collo in discesa per ripararsi fra i cespugli; molto gioco di squadra e massima lealtà (quando sei colpito, nessuno se ne può accorgere e il giocatore dichiara onestamente di essere stato colpito. Altrimenti, il gioco non viene e nessuno si diverte). Il bosco viene incredibilmente lasciato com’era perché i pallini sparati sono biodegradabili e Abi sostiene che tutta la boscaglia fosse pulitissima, più del giardino di casa nostra. Occhiali e tuta riparano dallo sparo dei pallini: è più probabile prendersi una storta. Questo è il softair.
Detto ciò, Paolo e io l'abbiamo piantato là, lui e la sua faccina beata, con i suoi fucili e la sua squadriglia armata; abbiamo fatto un’oretta di auto e ci siamo spostati a Vigevano. Come sempre ci siamo suddivisi i compiti: mentre io scarrozzo dappertutto lui e il suo gessone al piede, lui pensa a farmi il ripasso delle lezioni dell'autoscuola. I freni, le frecce, il tachimetro e i cartelli sono i suoi argomenti preferiti. Una vera fissa.
Peccato le buche. Scesi dall'auto, dovevo dirigere Paolo con una carrozzina che ci ha prestato un amico; una buca era geometricamente pensata per il cappottamento in avanti; quella successiva per il cappottamento all'indietro. Paolo ha constatato che la vecchiaia potrebbe causarci degli intoppi sul normale accordo di coppia, soprattutto nel caso in cui lui abbia bisogno di assistenza. Io ho appurato la sua innata vocazione per le lezioni di guida; auto e mezzi diversi. Se non fosse già un ingegnere avrebbe un futuro. Peccato. Un giovane talento sprecato in calcoli e algoritmi.
Quando siamo andati a riprenderci il nostro bambino, lo abbiamo trovato raggiante. Ora abbiamo anche il softair nell'elenco delle attività Bertoni.
Speravo che l'intoppo sull'orario fosse servito da deterrente. Invece no. L'intoppo sull'orario è, come al solito, dovuto alla mania di precisione di Paolo. Mi avevano detto che l’ora del recupero sarebbe stata la una meno 20. E così avrei fatto se Paolo non mi avesse poi chiesto: '1 MENO 20 o 1 E 20?'. Lo sa che sono dislessica e discalculica. Ovviamente mi è sembrata istintiva la risposta sbagliata. La conseguenza è stata che Abi, dalle 12.40 fino alle 13.20 ci ha aspettato in mezzo al nulla cosmico, in tuta mimetica e con i suoi pantaloni da civile chiusi nella nostra auto. A quel punto lì, in un parcheggio deserto e assolato, i cui unici esseri viventi, zanzare a parte, erano Abi e il suo istruttore, non sarebbe stato facile sottolineare che aggiungere 'anche' il softair nella lunga lista delle attività Bertoni, sarebbe stato assolutamente fuori discussione. Grandi sorrisi...e sono salita in macchina, con animo predisposto alle lezioni di guida sulla via del ritorno.
Non so come andrà a finire. Per ora, ho la fortuna di essere esclusa dai racconti di Abi al telefono fatti ai suoi amici; finché Abi è impegnato al telefono, non può parlare con me e quindi riesco a rimandare il problema. Prima o poi però finirà di telefonare e allora inizieranno i guai... Otti ha già convenuto quanto il softair sia uno degli sport più irrinunciabili per la formazione della persona e per il suo benessere psicofisico. Ha poi sottolineato tutti i risparmi di tempo e di investimento ad avere due fratelli che hanno un'attività in comune. Mi sento un po'accerchiata.

mercoledì 25 aprile 2012


Questa è l'unica cosa che riesco a scrivere con il mini-schermo di un cellulare. Sono in giro...
...anche perchè oggi c'è finalmente il sole! Vi dirò com'è andata!
Buon tutto. A domani.
Pom.

ATTENZIONE: MEMO DELLE 21.17
Andatevi a leggere il commento di Angela (sotto il nome del suo super fusto, Stefano C) alla pagina http://cepocodaridere.blogspot.it/2012/04/paolo-omino-con-carillon.html
...E chi ci è passato, magari trova un momento di simpatia nel mondo del "mal comune mezzo gaudio..."
Scarsa consolazione, però!

martedì 24 aprile 2012

Gli italiani giocano a calcio... e non solo!


portiere
Grande Buffon!
Ieri ero ad aspettare la fine degli allenamenti di un paio di figli e un amichetto (col “taxi” spesso attivo l’opzione 3x2, che consiste nel riempire il cargo di figli appiccicosi e sudaticci da scaricare a casa intorno alla zona dove abito). Mentre aspettavo che finissero le fatiche della giornata, sentivo un genitore del gruppo calcio parlottare con un altro signore. Sono stata colpita dall’immagine un po’pittoresca della discussione e mi sono avvicinata. Il tizio che parlava apparteneva per intero allo stereotipo “genitore che si intende di calcio”; lo si riconosce subito: ti parla da vicino, standoti un po’di traverso e toccandoti spesso con la punta delle dita per richiamare la tua attenzione. Tra le dita stringe un mozzicone di sigaretta che talvolta si avvicina troppo pericolosamente alla tua giacca. Accento vagamente meridionale e l’utilizzo dei congiuntivi lascia un po’a desiderare. Non ti guarda dritto negli occhi, ma quando lo fa hai la netta impressione di essere stato toccato “dal verbo”.
Quindi, davanti a questo quadretto, non ho potuto fare a meno di avvicinarmi e origliare! Questo tizio raccontava di una società calcistica di ragazzini di circa 10 anni che per qualche stagione hanno infilato una serie di vittorie schiaccianti, facendosi notare anche dall’Inter, sezione giovanile. L’inter li ha vestiti con le loro magliette nero-azzurre e i ragazzini hanno giocato felici nei loro prati ancora per qualche tempo, indossando le magliette dei loro campioni. Poi però il gioco si è rotto: si è sparsa la voce che la “Minchiatese” nella prossima stagione avrebbe indossato le magliette dell’Inter e il numero di nuove iscrizioni sono salite alle stelle. Gli allenatori, il cui numero è rimasto quello (e anche il campetto dell’oratorio su cui giocavano, non si è dilatato in dimensioni!) non sono più stati in grado di allevare giovani super eroi, in grado di stracciare tutti gli avversari e hanno iniziato a perdere. Perdendo, hanno dovuto abbandonare la loro maglietta dell’Inter. Un sogno infranto.
E, detta così, non è sicuramente la fine del mondo. Però probabilmente sarà stata la fine del mondo per quei poveri ragazzini, i quali, con la loro testolina di 10 anni, avranno fatto un miscuglio di accuse e sensi di colpa.
È evidente che ragionare racchiudendo tutto in categorie di pensiero è una semplificazione idiota; come dire 'governo ladro'. Ok. Ma quanto tempo dovrà passare prima di vedere il mondo del calcio, un po’più pulito da tristi storie?
Come tutti gli ambienti, anche il mondo del calcio viene riempito da persone e le persone sono gli attori protagonisti della nostra società, a volte un po’avida e miope e che perde di vista ciò che conta. Però, proprio perché fatta da persone, possiamo apprezzare il fatto che non tutte le persone sono uguali. Dunque, forza e coraggio, tiriamoci su le maniche che il Bel Paese aspetta solo “noi” per riemergere dalla crisi!
Buon tutto e a domani!

PREMIO "I LOVE YOUR BLOG"


Ciao a tutti.
Mi sento un po’viziata…
I love your blog
…No ragazzi, il rischio è che io mi monti un po’la testa: sono passata dall’essere la numero “infinito + 1” nelle pagine di ricerca di google una settimana fa, a vincere anche questo secondo premio!
Innanzitutto grazie, dinosaura Taua, per avermelo assegnato!
Il tuo blog è veramente divertente e ricco di idee!

Le regole di questo premio sono leggermente diverse dal premio Liebster Blog (http://cepocodaridere.blogspot.it/2012/04/ciao-tutti.html):
1) nominare chi ti ha assegnato il premio (e fin qui… Fatto! Grazie!!)
2) mettere il premio sul proprio blog (ho litigato un po’con le iconcine… ad un certo punto è sparito tutto il blog ed è rimasta solo l’iconcina… Poi il wi-fi ha fatto qualche strano ruttino, …finchè un figlio è passato di lì e tutto è tornato come prima. Ogni tanto i figli adolescenti hanno anche un’utilità… Credo.)
3) donarlo a 10 blog con meno di 200 followers (…e qui c’ho lavorato duro! …perché mica semplice sceglierne solo 10! Naturalmente non è lecito controllare che abbiano veramente meno di 200 followers perché…sfido chiunque a saperlo!)
4) rispondere a qualche domandina facile-facile:

Qual è la tua rivista di moda preferita?
Moda…? Rivista…? Eh…?

Chi è il tuo cantante/band preferito?
Ma il Lele, naturalmente! …Con tutti i soldi che spendo per le sue lezioni di pianoforte…!

Qual è la tua YouTube Guru preferita?
Dovrò aggiungere al mio vocabolario “ITALIANO/BOTTONESE – BOTTONESE/ITALIANO” anche il termine "YouTube Guru". Per ora la voce è vuota…

Qual è il tuo prodotto di make up preferito?
Questa la so, la so, la so: il mascara!!

Dove ti piace vivere?
Tra i miei nano-mostri e con l’uomo più brontolone del pianeta....

Qual è il tuo film preferito?
Sono moltissimi i film che mi piacciono. Sono passata dal “Pranzo di Babette” di qualche secolo fa, alle Follie dell’Imperatore (con tutta la serie dei film della Disney pictures), al 3D di Avatar… I 3D mi fanno veramente impazzire!

Quante paia di scarpe possiedi?
…E qui casca l’asino…! Troppe, lo so. Ma ne metto sempre rigorosamente un paio solo, che si riducono miseramente a un cencio dopo solo poche centinaia di chilometri…

Qual è il tuo colore preferito?
Il verde acqua. E anche tutti gli altri, però…!

E ora...the winners are...

E ora...the winners are...http://strettalafoglia.blogspot.it/

lunedì 23 aprile 2012

I "colleghi" già premiati con "LIEBSTER BLOG" e "I love your blog"

http://epineo.blogspot.it/2012/04/liebster-blog-premio-da-barbara.html
http://www.ilsaperecondiviso.it/article-premio-liebster-blog-98011508.html
http://www.lastanzadiphoebe.it/article-liebster-blog-98005483.html
http://latanadelriccio.wordpress.com/2012/03/21/crema-di-carciofi-con-olio-allo-zafferano-e-un-premio/
http://cucinaconciuba.blogspot.it/2012/04/liebster-blog.html
http://giardinaggiosentimentale.blogspot.it/2012/03/liebster-blog.htmlù
http://scix-diariodiunaprecariainerba.blogspot.it/2012/04/i-love-your-blog-prendo-e-passo.html
http://ilfilodelcuorericami-lory.blogspot.it/2012/04/i-love-your-blog.html
http://francimakeup.wordpress.com/2012/04/20/i-love-your-blog/
http://gattiblog.typepad.com/gatti_fatti_e_misfatti/2012/04/premio-i-love-your-blog-offerto-da-shunrei.html

PREMIO "LIEBSTER BLOG"

Ciao a tutti.
Oggi sono contentissima di mettere in bacheca il mio premio:

Liebster Blog
Innanzitutto grazie Irma per avermelo assegnato (http://leapiregine.blogspot.it/)!
E' da una settimana soltanto che smanetto sui tasti del mio pc (che, per altro, è uno dei primi che non va più "a pedali" e non è in "puro legno massello"; ma anch'io ho la destrezza di mia nonna, in quanto a capacità informatiche e il mio vocabolario non va molto oltre alla parola "bottone", "tasto" o anche "schermo", nei momenti di massima evoluzione...) e galleggio grazie a un vocabolario tascabile "ITALIANO-BOTTONESE / BOTTONESE-ITALIANO". E' merito della fantastica collaborazione che si trova in rete che sono sopravvissuta a stranezze linguistiche del tipo "link", "tag", "banner", "feed", "post", "SEO", ...echipiùnehapiùnemetta...
Il mio premio è, ovviamente, cosa graditissima (soprattutto dopo le serate passate a capire...da che parte si comincia a fare blog!); inoltre è graditissimo perchè è da pochissimo tempo che sono in rete. E fin qui, non ci piove!
Ma ciò che non darei affatto per scontato è trovare tanta solidarietà, aiuto e consigli da persone che non hai mai visto. E quanto è intrigante immaginare di conoscere, almeno un po', persone tanto toste in così poco tempo!
Quindi, grazie Irma ma grazie anche a tutte voi!
Ecco perchè non mi è stato facile distribuire a mia volta il premio, limitando a solo 5 la scelta.

Intanto, ecco le regole:
1) nominare chi ti ha assegnato il premio
2) mettere il premio sul proprio blog
3) donarlo a 5 blog con meno di 200 followers

E ora...the winners are...
>> http://www.siskaeditore.it/index.php?mod=cds_ed&page=news_view
Il blog di Annalisa, della Siska Editore, perchè è una miniera di risorse dove scovare letture, idee e persone intraprendenti in un secolo dove leggere la carta sta diventando fuori moda.
>> http://chiaradegiorgi.blogspot.it/
Il blog di Chiara, mia cugina... perchè la conosco da che è nata ed è...trooooppo forte!!
>> http://atelierknitnstitch.blogspot.it/
Il blog di Elisabetta, perchè fa delle cose che mi piacciono da impazzire ma che non sarò mai in grado di fare...! ...Ma perchè mai dovrei imparare? C'è Elisabetta che le fa già benissimo!
>> http://storiedicoaching.com/
Perchè avere un tuo coach personale: ...e chi non lo vorrebbe?
>> http://puntando-l-obiettivo.blogspot.it/
perchè la fotografia mi ha sempre fatto impazzire!!

Ciao.
A domani!

I figli si rendono autonomi sempre nei momenti più opportuni…

figli scappano
Fuga dal capo
Ora sono in orizzontale perché non capivo più la direzione degli XYZ. Mi sono data 10 minuti di pausa. All'11esimo, cioè un nanosecondo prima di addormentarmi secca, cercherò di riattivarmi e tornare in zona di produzione.
I ragazzi, approfittando che il padre infagottato nel suo gessone al piede, è impegnatissimo a dare compiti a me e io sono impegnatissima a svolgere i compiti assegnati, sono filati a razzo in tutti i posti possibili, purchè lontani da lavoretti e doveri casalinghi.
Per una volta si sono organizzati “a-u-t-o-n-o-m-a-m-e-n-t-e”, riempiendosi borse e sacche con pastrugni di loro gradimento (il pettine è stato il primo ad essere inserito nei borsoni; poi ho sentito di lontano qualche discussione sulla distribuzione delle magliette e felpe più gettonate; da ultimo –credo- qualcuno si è ricordato persino lo spazzolino da denti) e dopo qualche telefonata agli amici sono spariti. Probabilmente hanno già dato fondo alla loro resistenza nel portare avanti e indietro oggetti di assoluta necessità al padre (come riviste, biscotti, manuali di attività strampalate, telecomandi di tutti i tipi, occhiali e copertine…). Tutto ciò che, in una casa, staziona sempre “in fondo-in fondo” e “sotto-sotto” perché non fa parte delle normali attività di “gratta-pancia” che una famiglia si può concedere da quando arrivano dei piccoli tsunami alti un metro e un tappo.
Al loro ritorno, disfare le valige funzionerà più o meno così: quando servirà qualcosa, si tufferanno nei loro borsoni frugando affannosamente e distribuendo tutto sul pavimento; nel giro di poche ore ci sarà un miscuglio di panni accartocciati a pallina, che daranno l’avvio ad una lunghissima e noiosa serie di considerazioni su ordine e pulizia relativa agli “altri” componenti della famiglia. Per un po’di giorni, a chiunque entri in cameretta sembrerà esplosa una bomba dentro; la nota positiva è che, dovessero entrare i ladri, non sapendo dove e cosa rubare (a parte qualche calzino puzzolente in giro per casa) potrebbero essere mossi da spirito di solidarietà, rimettendo un po’a posto… In genere non intendo cedere alla tentazione di mettere in ordine io perché mi sembra antieducativo; quando alla bomba esplosa sembrerà  sopraggiunto anche un intenso terremoto, qualcuno prenderà il gran mucchio di cenci sparsi in giro e riempirà la lavatrice; dopo di che, fintanto che non sarà tutto un po’asciutto, seguiranno delle grandi lotte per la conquista dell’ultimo paio di pantaloni e qualcuno si sveglierà più presto del solito per poter uscire di casa con due calzini almeno dello stesso colore…
Quando tutto rientrerà nella normalità, affronterò la noia del solito discorso su organizzazione, ordine e pulizia, che tutti ormai sanno inutilmente a memoria. Poi contratteremo i soliti castighi tremendi e il tutto ritornerà esattamente come prima…
A volte la famiglia dà alcune solide “certezze” che non possono essere smosse dal tran tran quotidiano…

LINK: un parere autorevole sull'autonomia dei figli (Massimo Molteni, Direttore sanitario ricerca psicopatologia IRCCS Medea)

sabato 21 aprile 2012

Paolo, omino con carillon

stampelle
....suona!
Ieri sera me lo vedo arrivare dalla corsia del pronto soccorso su una sedia a rotelle con un gessone alla gamba (quella giusta, nel suo caso!). Non può appoggiare il piede per un mese.
Sembrava la serata dei gessi: sarà stato il decimo a uscire da là intonacato di bianco. Le scommesse in sala d’aspetto erano abbastanza vivaci solo fino ai primi cinque; poi l’esito ci sembrava un po’scontato e lo sguardo di tutti è tornato ad essere quello da triglia, data l’ora. L’unico imprevisto della serata poteva essere che, ad un certo punto, avrebbero finito il gesso (e sembrava un’eventualità da mettere in conto, perché a Chieti, dopo aver dato forfait a tutte le sale operatorie, hanno anche esaurito il gesso http://www.abruzzoweb.it/contenuti/sanita-ricci-pd-al-pronto-soccorso-di-chieti-manca-il-gesso/464658-4/). Chissà se qualcuno di loro verrà piazzato in un letto, come le vignette, tutti bendati e con una gamba appesa ad un trespolo? (chissà perché nelle vignette è sempre una sola delle due gambe …? E chissà perché, a questi poveretti che stanno nelle vignette, gli piazzano sempre un tot di penzolini a triangolo che ballano davanti al naso, perfettamente inutili dato non sembrano avere nulla di libero per muoversi e potersi attaccare…?)
Dopo il delirio di questa notte, siamo tutti a zig zag; non solo le ossa di Paolo. Naturalmente, per tutta notte si sono alternati ininterrottamente gli “Ahia” con gli “no…no… non è niente.. me la cavo da solo!”. Credo che dopo qualche ora lui farfugliasse automaticamente nel sonno, mentre io cercavo di intuire con quale pillola si potesse “spegnere” da qualche parte…
E anche questa mattina somiglia molto ai pupazzetti dei bambini: come lo tocchi, “suona” e dice “Ahia”.
Ora, magicamente, i ragazzi non producono rumori e Paolo non chiama. Sto provando ad appoggiare le mie, di ossa, nella prima superficie orizzontale libera che ho trovato in casa: un divano un po’bitorzoluto, sul quale in genere tutti appoggiano di tutto, aumentando il su-giù che sento sotto il mio fondoschiena.
Le costole rotte di Paolo complicano tutto: ad esempio non è banale l'utilizzo delle stampelle; è bene che io gli gironzoli intorno perché vederlo vagare malfermo e ondeggiante fa girare la testa, mentre ti chiedi da quale parte avverrà il prossimo tonfo. Però anche così è complicato: se gli sto davanti gli metto fretta; se gli sto di fianco gli metto i nervi perché non ho l'intuito giusto sulla direzione; se gli sto dietro sono inutile. Se mi allontano sono un'insensibile e lo abbandono.
....Sarà un mese lunghissimo!

venerdì 20 aprile 2012

...L'attesa...

rampa vespa
Occhio alle rampe!
Sto scribacchiando, cercando di passare il tempo mentre sono in sala d’attesa al pronto soccorso. Paolo è curioso di sapere quante ossa siano rimaste senza forma a zig-zag. Me lo sono visto arrivare un po’zoppicante dalle scale oggi pomeriggio.
E’ scivolato con la vespa.
Nel box.
La lunga lista di osservazioni sulla pericolosità delle due ruote congiunte al fatto di farsi male in un box è talmente scontata da non insistere su questo punto.
Dato che si è fatto male da solo, tenuto conto che nel box il cellulare non prende, abbiamo dovuto tutti convenire su quanto sia stato eroico, da parte sua, affrontare due piani a piedi in pesante solitudine, lui e il suo dramma da uomo-ammaccato. Da quando è apparso, il pomeriggio ha preso una piega un po’diversa dal solito. E non è il dovergli spalmare un po’ovunque il gel per le botte; non è neanche il sentirlo brontolare che non hai ancora capito dove vada messo il gel per le botte; o sentirlo lagnare di continuo che lo molliamo in un angolo remoto della casa dimenticandoci di lui; non è l'incessante via vai per portargli oggetti e per ritirare oggetti da rimettere a posto; la cosa davvero più faticosa è stata averlo avuto ospite in auto nel sedile del passeggero mentre ci siamo decisi, ora di sera, a portarlo al pronto soccorso. Lì, davvero, tutto è stato severamente messo a dura prova. Non va bene niente. Se provi a fare la ceck list delle parti meccaniche ed elettriche, minuterie incluse, lui ha pronta la dimostrazione evidente ed oggettiva del fatto che, con me alla guida, l'usura è verso lo stato finale della curva affidabilistica a vasca da bagno. Non parliamo poi del codice della strada: secondo lui, io sono in costante ed ostinata contravvenzione con tutti gli articoli e codicilli, nessuno escluso. E meno male non è un avvocato; forse questo mi salva su qualche punto del codice che mi auguro che lui non ricordi. Comunque quelli sui quali intende mostrarsi ferrato non sono pochi...
E pensare che ha passato mesi a decantare la sua vespa nuova, dotata persino di abs. Peccato che se spegne il motore '…perché tanto c'è la discesa', l'abs non può, poveretto, sognarsi di entrare in azione (questa sembra sia stata la causa della caduta con relative ossa sparse e in poltiglia). E questo però mi pone qualche domanda sul suo sentirsi in dovere di darmi lezioni di guida... Hanno chiamato il numero prima di lui. Finalmente, perché avevo anche finito il mio libro da leggere! siamo qui dalle 22 ed è già la 1. La noia ci assale, il sonno ci ubriaca e la luce al neon ci stordisce. Inoltre, la goccia ghiacciata che, poco fa, dalla grondaia ha centrato in pieno il mio collo, si sta cristallizzando grazie allo spiffero gelido che punta dritto verso di me. La distanza tra le file di sedili non consentono alla circolazione di capire dove deve dirigersi e l’intimità con lo sconosciuto vicino a me che, poveretto, deve condividere gli stessi miei centimetri quadri, inizia ad essere un po’fastidiosa.
Speriamo passi in fretta... E speriamo che non esca dalla sala gessi bendato come TutanKamon.
Intanto, per ingannare l’attesa, la gente di qui sembra abbia l’abitudine di sfoderare tutte le storie truci di malasanità: tutti sembrano avere qualche aneddoto su amici o parenti ai quali è stata operata la gamba sbagliata, oppure qualche radiografia scambiata tra le corsie. Quella che mi ha colpito per originalità, più o meno è così: cambiano il letti in corsia e le infermiere continuano invariata la cura, sebbene sia cambiato il paziente. Risultato netto: ‘sta povera crista, giunta in ospedale per un’operazione, deve rimandare tutto perché ha iniziato a stare malissimo per una dose –per lei da cavallo- di psicofarmaci. Eh? Cheddite?
Finalmente hanno chiamato lui. Domani vi saprò dire se me lo riconsegnano imprigionato in una gabbia di gesso.
Ciao. Notte.

giovedì 19 aprile 2012

Il “varo” della lavatrice

bucato
Il bucato
È incredibile! Sono stata “sgridata” da mio marito perchè, ad uno dei mille bucati avviati dalle 5 di questa mattina, ho omesso la sorveglianza costante e continua di tutti bottoni e lucette che pulsano e si accendono durante le operazioni di lavaggio.
...e se ho capito bene, mi ha anche chiesto “…ma perché hai fatto il bucato, se non avevi tempo da dedicarci?”. E se fosse stata esattamente questa la domanda, mi viene il dubbio che abbia acquistato la lavatrice pensando che il suo vero scopo fosse renderci tutti più felici nella contemplazione del design e delle manovre di funzionamento dell’oggetto.
Ho passato tutta la mattina facendo sostanzialmente due cose: stendere il bucato (con le lavatrici capienti di oggi occorre qualche mezza giornata per stendere; inoltre sarebbe utile un piccolo loft per appendervi le decine di chilometri di filo indispensabili dopo una settimana senza fare il bucato) e rispondere al telefono a Paolo che chiedeva come procedevano le operazioni di lavaggio.
Purtroppo non mi sono attrezzata per fare dei test clinici sul bianco-più-bianco. Nella mia mente semplice ho solo pensato: infilo molti chili di luridume nel cestello, avvio con qualche manovra un processo che produrrà un po’di movimenti in fase di centrifuga, apro il cestello ad operazioni concluse e stendo le stesse cose che ho infilato prima e che ora sembrano molto più bagnate. Fine. Che cosa esattamente sia successo nel frattempo alle fibre e a tutto il sottobosco ad esse appiccicato, non ne ho idea e non me lo sono neanche molto chiesto, per la verità. Do per scontato che le ginocchia dei pantaloni dei ragazzi siano calamìte per verde d’erba, che sulle chiappe il fango ne costituisca l’impalcatura portante, che il sugo sopra i bottoni delle polo rinsaldi le cuciture e che le maniche abbiano un arredo colorato a seconda di quale sia stato l’ultimo pennarello esploso a scuola. E questo da sempre, da che esistono i ragazzi, cioè ancora prima delle lavatrici. Pretendere le analisi chimiche sulle fibre mi sembra una cosa da ingegnere, più che da mamma.
L’unica osservazione che mi è venuta in mente è che la centrifuga sembra più un cataclisma che un’operazione avviata con consapevolezza. Ma forse ho avuto troppo entusiasmo nella carica (in tal caso sarebbe colpa mia e questa è una controprova che è proprio così). A questa ingenua osservazione ne sono scaturite, da parte di Paolo, una lunghissima serie che intendo risparmiarvi.
La prossima vita ricordatemi, per piacere: niente ingegneri precisi; punterò ad un artista pazzoide sfrenato…
Ciao. A domani.

martedì 17 aprile 2012

La punto del pensiunà

parcheggio affollato
Parcheggi affollati
Ieri sera sono arrivate le gemelle, con grande trepidazione di tutti: lavatrice e lavastoviglie.
Ed era ora, perché con mutande e calze eravamo arrivati al punto del “speriamo-non-ti-succeda-adesso-di-andare-in-ospedale”….come diceva mia nonna nelle stesse condizioni (per lei, il principale e prioritario problema inerente all’ospedale, era la faccenda della biancheria pulita e stirata).
Alle 5 di questa mattina l'elettronica darà l'avvio al lavaggio di 11kg di luridume. Se conosco Paolo, i suoi neuroni addormentati balzeranno sull'attenti al lieve 'tic' delle 5 per precipitarsi giù e osservare la creaturina. Manco col rampollo primogenito è stato mai...vabbè...
Intanto, dopo aver passato una settimana a distruggere tutti i mezzi di locomozione disponibili (il tamponamento della punto blu col vecchietto sarebbe stata la “ciliegina finale”, se non fosse stata coperta dalla “panna” della vespa che non parte, la cui “torta sotto” è la twingo da buttare), ieri sono riuscita a mollare l’ammiraglia, cioè la punto, dal mio meccanico (la cui continua frequentazione sta iniziando a diventare un po’noiosa…). Ne sono uscita con un’auto nuova di pacca, dopo aver dato l’estremo addio (…sigh!) alla super-twingo. L’auto “nuova” è un’altra punto, di 13 anni (fa più effetto pensare che è “del secolo scorso”). Modello “pensiunà”, colore unico disponibile su quel modello: grigio metallizzato. Se fate caso, tutti gli <<over-“tanti”-enni>> sono al volante di quel bolide grigio, con la scritta “punto” nel mezzo delle due virgolone rosse dei fanali, dal designer ancora un po’squadrato.
Nel secolo scorso non c’erano, ovviamente, i telecomandi di serie; il telecomando di apertura è indispensabile alla mattina, quando non ti ricordi dove diamine hai parcheggiato la sera prima; per non parlare di quanto non sia assolutamente vitale in un parcheggio di un centro commerciale. Credo che il fondamentale motivo per cui oggi continuino a vendere auto sempre più grandi, è per poter essere facilmente avvistate nel parcheggio. Ecco perché è stato indimenticabile il giro inaugurale di ieri della mia punto-del-pensiunà: mi sono fiondata in un centro commerciale a recuperare un mini rifornimento di calze e mutande per tutti senza fare troppo caso al “colore”, al “settore”, al “piano” nonché al “numero” del parcheggio. Quando mi si è attivato il neurone che ha fatto partire la domanda “dove ho messo l’auto?”, ero già immersa nei calzini del cestone delle offerte. E da lì è successo tutto a catena: l’ansia da ritardo con l’aldosterone impazzito ha fatto sì che lasciassi tutte le borse ecologiche sul cestone dei calzini; vagando in cerca del banco informazioni per un inutile tentativo di ritrovare le borse ecologiche mi è sfuggito di mano il cellulare; ho speso tutta la mattina per effettuare una sistematica ricerca della mia auto (la guardia che mi ha visto passare per la milionesima volta nello stesso punto non capiva nemmeno quale modello fosse “punto-pensiunà” e ho dovuto perdere altro tempo in noiose e inutili spiegazioni, con la spesa che sbucava da tutti i sacchettini di mais che intanto andavano in frantumi…). Sono arrivata in ritardo a prendere i figli a scuola e quando, lungo strada, ho provato a chiamare qualcuno per avvisare del mio dramma personale, mi sono accorta che il cellulare…l’ultima volta “ce lo avevo in mano”.
Ho acchiappato il primo figlio disponibile a sostenere una madre in piena crisi di nervi e me lo sono portato al centro commerciale, sperando che almeno lui, con i neuroni meno usurati dai miei, provasse a ricordare il parcheggio, contribuendo a diminuire di almeno un punto la lista dei possibili imprevisti della giornata. Non ho messo nella lista dei “contro” il fatto che, quando sei in panico, trascinarsi un figlio adolescente in un centro commerciale, con quell’aria da tira-sberle-scazzato può essere un impegno pesante…!
Il lieto fine: ho ritrovato il cellulare. La guardia mi ha chiesto il mio numero e il figlio ciondolante al mio fianco è riemerso da sotto il suo ciuffo ed è stato in grado di trovare dalla sua rubrica il mio numero.
Fiuuuuu….
Domani speriamo in una giornata migliore...! Vi saprò dire com'è andata il bucato delle 5!

lunedì 16 aprile 2012

Faccia tosta

scuola
A scuola
...non si smentisce mai! Lo vedo che passa i pomeriggi in mille attività varie e frenetiche, più o meno ludiche, che hanno poco a che vedere con la scuola. Ma mannaggia, gli va sempre alla grande. Così non è neanche educativo: come faccio a spiegare al mio “figlio-di-mezzo” l'importanza della fatica e dell'impegno, costante e sofferto...se riesce a beccarsi 9 e mezzo in geografia, sparando che nelle pianure della “Xxx” coltivano cereali e l'economia viene sostenuta principalmente dalla manifatturiera e dal terziario...?!? E dico 'Xxx' perché non sapeva neanche il titolo del capitolo da studiare, quindi ancora adesso rimane un mistero quale sia il punto del pianeta dove coltivano cereali vivendo su manifatturiera e terziario. C'è gente che riuscirebbe ad arricchirsi vendendo gelati al Polo Nord o stufe in pieno Sahara. Mio figlio è uno dei pochi eletti. Non tutti hanno questo dono. Ieri è arrivato un venditore porta a porta di aspirapoveri, che stava cercando disperatamente di piazzare qualche attrezzo qui in zona; è da giorni che lo vedo girare, generalmente in coppia con un altro tizio "lungo", dall'aria un po'sfigata. Sono tutt’e due molto simili: stessa aria mesta e cravattina stretta; spalle a pera e vestiti rigorosamente di scuro; camicia rosa con i polsini stirati (quelli che stiro a Paolo sono un plissè, in confronto…). E girano sempre in due (forse uno legge e l’altro scrive, come le barzellette dei carabinieri?). Ieri invece era uno solo (mia mamma lo ha lasciato entrare, accidenti!! E, fatto ancora più stridente, lo ha fatto entrare dichiarando solennemente che è “l’ingegnere” il padrone di casa, ma in sua assenza potevo andare bene anch’io come moglie “titolare”. ….’na fatica…! A ripensarci mi si spettinano tutti i denti, come quando mangio il limone…!). Invece di indicargli educatamente la porta, ho pensato che fosse più rapido ed efficace provare a vendergli i biglietti della lotteria del gruppo “piccoli amici del calcio”; e così è stato: il poveretto è scappato subito a gambe levate e, nei dintorni, non lo vedo da qualche giorno… (penso che altri del quartiere, come me, avranno avuto dal coatch dei figli l’ordine perentorio di vendere tutti i biglietti nel più breve tempo possibile).
Mi domando come mai, in questa epoca di grande crisi, gli italiani, invece di provare inutilmente a rifilarti aspirapolvere, pignatte e altre astruserie assurde, non facciano quello sanno fare da sempre: “pensare e creare” grandi progetti… Perché, invece di vendere oggetti progettati, ingegnerizzati e customizzati dalle grandi aziende (straniere, ovviamente! L’Italia possiede solo i conti da pagare della Fiat…!), non facciamo delle nostre idee il vero business? Nel Bel Paese, spesso la creatività che deriva, ad esempio, dall’artigianato (bigiotteria artigianale, oggettistica artistica, creazioni in lana o abiti cuciti a mano…) compare unicamente come forma di commercio al dettaglio ambulante: gli adorabili e spesso pittoreschi mercatini, insomma (http://www.informagiovani-italia.com). Invece un’idea imprenditoriale è qualcosa di profondamente complesso, che parte dalla validità tecnica e di fantasia di sviluppo, ma nello Stivale, inciampa subito in continui ostacoli che possono ritardare o bloccare il progetto.
Come in tutte le crisi che si rispettano, anche ora il mondo è andato a testa in giù: i “barbari” del Nord (Islanda, Norvegia, Svezia…) ci stra-battono facendo esattamente il contrario di quanto si stia facendo da noi. Nel Nord Europa, ad esempio, si punta su nuove tecnologie, sui giovani e sulla green economy e mi sembra grandioso vedere quanto tutto questo sia in procinto di spalancare le porte verso il futuro; il Nord Europa (e, addirittura, anche l’Africa!) è in continuo fermento, guidati da intelligenza e nuove idee. E io penso che queste siano davvero, le armi pià potenti che l’uomo possieda!
Vi lascio con il compitino di guardare come diavolo l’Islanda se la sia scampata contro la bancarotta certa e schiacciante del 2008, causata da banche e capitalisti, attraverso una reazione sfrenata degli onesti cittadini; ma il vero compitino consiste nel “copiare” il temino svolto dall’Islanda e farlo anche un po’nostro!

I Cccciovani

ragazzo
Homo sapiens adolescentis
Ciondolante, scarpe da reppettaro con forma “a panino” e cappellino con un’enorme visiera parasole che copre il coppino. Il ciuffo spesso raggiunge il naso coprendo entrambe gli occhi, ma non è una grave perdita: dei due (occhi, intendo), spesso uno è chiuso e l’altro è spento. Anche le orecchie non sono ricettori particolarmente attivi sul mondo esterno, perché in genere sono tappate dalle cuffiette dell’MP3. Anche le mani non sono particolarmente utili perché appoggiate in tasca. Le ginocchia non hanno la “sbatta” di reggere a lungo tutto il peso che gli sta sopra, pertanto appaiono un po’piegate. Passano interi pomeriggi davanti a bar e gelaterie e sembra che la loro unica o quasi attività sia far andare le mandibole per masticare schifezze. Quando parlano (ogni tanto parlano) non si capisce esattamente la profondità del loro pensiero (forse proprio perché è troppo…”profondo”) e i vocaboli utilizzati sono in tutto una dozzina, messi insieme un po’a caso.
E questo è per intero, l’immagine un po’sterotipata del ccciovane d’oggi. Sono quelli che i miei figli chiamano “bimbi-minchia”.
In realtà penso che il pianeta non sia così riccamente fornito di questo tipo di bipede, come sostiene chi pronuncia spesso frasi che cominciano con “Ai miei tempi…”.
Io penso che stia cambiando tutto molto in fretta, privandoci completamente delle strade già battute: non esiste più il posto fisso, la vecchia editoria è in declino (e non è una cosa da poco: tu inizia a togliere la carta stampata e poi vedi l’effetto che fa!) e i nostri politici, il cui mestiere è quello di dirigere la nostra società verso un futuro migliore, …lasciamo perdere!
Sono cambiati molto velocemente gli strumenti (il web, la rete e i giochini dell’economia globale, …) e il sapiens-sapiens è ancora in fase di adattamento. Sembra provato che, geneticamente, ci sia stato un cambiamento generazionale 16 anni fa: da 16 anni a questa parte esiste il “sapiens-sapiens-modello-2”, con canali ricettori e sistema neuronale completamente diversi dai genitori “sapiens-sapiens-modello-1”.
E uno dei bachi che ne consegue è, ad esempio, il fatto che l’intero staff degli insegnati (per età anagrafica superiore ai 16 anni) è un sapiens-sapiens del “vecchio modello”, pertanto poco incline a stabilire un canale di comunicazione con i sapiens-sapiens-2.
Molti autori sono d’accordo con l’identificare lo “strumento” (prima inventato e poi divenuto sempre più alla portata di utilizzo per tutti) come un’estensione del corpo e delle nostre capacità fisiche e psichiche: ecco la chiave dell’intima connessione tra evoluzione tecnologica ed evoluzione umana.
Quindi concludo spezzando una lancia a favore dei poveri ccciovani: allo sbaraglio, in un mondo pieno di gas mefitici e privati di un canale diretto di comunicazione con i loro vecchi… ma che cosa vogliamo pretendere? Tiriamoci su le maniche e…iniziamo il lungo e faticoso lavoro di comprensione e aiuto!
Vi segnalo un paio di link; uno relativo alle nuove professioni delle donne: un’opportunità per raccontare le storie di chi usa la Rete per promuovere, fare, creare, progettare LAVORO (è un evento agganciato al social network “Storyfy”); e uno su una rivista “figosissima” che dice una quantità inesauribile di cose interessanti.

domenica 15 aprile 2012

La fisica delle calze scompagne

calze
Questa è fisica, ragazzi!
Mattinata piovosa, passata in mansarda ad appaiare calze dalla cesta del bucato mentre qualche figlio mi ripeteva storia e un altro figlio ogni tanto arrivava per sottopormi qualche problemino cervellotico e irrisolvibile di fisica, sempre basato su improbabili sistemi di carrucole e pesini, di cui calcolare accelerazioni di salita o discesa. Ma i problemi di fisica del liceo in genere sono tutti così: sebbene non mi sia mai capitato di vedere in vita mia questi strampalati marchigengi descritti nel testo, gli autori insistono con le stranezze che scivolano su piani più o meno inclinati e trattenuti in qualche modo da molle o carrucole.
Costantemente, invece, mi capita di avere a che fare con l'universo parallelo delle calze scompagne; è un mondo con le sue rigide leggi fisiche, anche se nessuno si cimenta in questo studio. Ci deve essere, da qualche parte nell'universo, un enorme buco nero che raccoglie tutte le migliaia di calze scompagne di tutte le 'povere criste' addette alla cesta del bucato. E parlo rigorosamente al femminile perché questo lavoro non è assolutamente alla portata di un uomo. Prima di tutto perché loro difficilmente 'capiscono' i colori. (quelli delle calze, poi, in particolare). Seconda cosa, utilizzerebbero l'intera mattinata impegnando tutti i neuroni disponibili senza poter essere intanto utili in nient’altro, come storia o i problemini di fisica (è una constatazione antropologica: il multitasking è una facoltà femminile. E qui non ci piove). E, visto che il tempo è prezioso per tutti, questa risulterebbe un'attività in perdita secca nel bilancio familiare, dovuta a scarsa produttività/completa inefficienza dell’addetto.
Ma tornando al punto: com'è fisicamente possibile che le calze, tolte da due piedi appaiati e infilate insieme nella stessa, unica (e sempre quella!) cesta vicino alla lavatrice, migrando poi insieme nel cestello della lavatrice, ne escano misteriosamente scompagne dopo la centrifuga finale? Qual'e il campo elettromagnetico per calze che le cattura? E dove vanno, poi, tutte insieme in gran quantità?
E’ il mistero che ci chiediamo sempre tutti e che non abbiamo ancora risolto…! E, dato il volume (ipotizzando, nel migliore dei casi, una decina di calze all’anno a famiglia moltiplicate per tutte le famiglie del pianeta), io penso che potrebbe essere interessante farci degli esperimenti sul Gran Sasso, perché il business sicuramente coprirebbe per intero i costi dei laboratori...
Da studiare….!

LINK: La fisica divertente di Monica Marelli

venerdì 13 aprile 2012

Disguidi vari, vespa e lavastoviglie

guasto
C'è chi ride...e chi meno
Ciccia agli elettrodomestici ancora per qualche giorno per un ritardo sulle consegne. In compenso ci ha abbandonato anche la super twingo: quella nera, con il tettuccio apribile, un po’da fighetti, recuperata di terza mano ma “tenuta benissimo”. Probabilmente era tenuta benissimo “fuori” e meno-benissimo “dentro”. Fatto sta che andava avanti a zomponi; sembrava più un canguro che un’automobile; forse era solo un fatto di assi cartesiani invertiti: preferiva il “su-giù” all’“avanti-indietro”. Forse basta intendersi e, per questo, i meccanici sono stati fatti apposta.
Sta di fatto che passerò i prossimi giorni a lavare piatti a mano oppure ad accompagnare tutti dappertutto ancora più del solito, come se questo fosse possibile; con un’auto sola le alternative si riducono a due: o accompagni tutti, oppure cedi generosamente il mezzo a qualcun altro. Avrei preferito la seconda, ma non sempre le scelte nella vita sono totalmente libere da condizionamenti più o meno impliciti.
E non è finita qui: durante questa mia intensa attività di vieni-vai-e-porta”, nel delirio del “sono-molto-più-in-ritardo-del-solito”,sono riuscita a 1) tamponare un vecchietto un po’imbranato in coda davanti a me e 2) scoprire che la punto, rimasta l'unico sistema di locomozione non a pedali, ha seri problemi agli iniettori (è costosa già solo la parola 'iniettori')
Ma cominciamo dall’inizio: Paolo, poveretto, nonostante la pioggia ha provato a valutare la possibilità di rendersi autonomo con la vespa. Questa mattina, quando l’ho incontrato nel box, l’ho visto in una posizione stranissima e ho constatato quanto sia stato inutile passare la serata a stirargli “bene” la camicia bianca (cioè…fino a ieri sera, assicuro fosse bianca!); batteria della vespa fuori uso, dopo la pioggia di questi giorni: abbiamo passato circa un’ora di tentativi per collegare con i cavi la batteria della vespa alla punto, per poi scoprire che i cavi non facevano contatto perchè ossidati; in quel frangente Paolo mi ha aggiornata sul campionario delle imprecazioni mentre aggiustava i cavi, registrando il suo record personale di ritardo sugli appuntamenti dell'intera giornata.
...C’è poco da ridere! Quando persino (...persino!!!) il cavo della batteria si rifiuta di collaborare (e, sarò pedante, ma sottolineo che il cavo della batteria viene generalmente utilizzato quando già sei nelle grane con il punto precedente dell'algoritmo, cioè la batteria. Perché non è che il cavo faccia parte dell'oggettistica di riguardo, ma quando lo si tira fuori, sei già a metà delle energie nervose disponibili) e, dicevo, quando sei già al punto che tiri fuori il cavo, non hai le riserve sufficienti di umorismo per godere del fatto che pure lui ti abbia piantato in asso. Non fa neanche parte della casistica presa in considerazione: esamini le candele, torturi i contatti, smanetti nervosamente sui pulsanti di accensione, ma non consideri che un cavo, che non è adatto ad altre cose, se non fare da cavo (cioè non ha motori, elettronica o altre parti complesse. È un cavo.) possa piantarti in asso. Quindi è proprio l'ultima delle ultime cose a cui pensi. Ora, sebbene immagino di poter trovare la cosa umoristica se capitasse ad un altro, nel mio caso invece, non riesco a cogliere il lato divertente della cosa, sebbene Abia, accomodato sul sedile posteriore della punto, in attesa che qualcuno prima o poi lo portasse anche a scuola, ne avesse riso di gran gusto.
Quella mattina di buon’ora (proprio per evitare possibili ritardi!) sono passata dal meccanico (tanto per cambiare), giusto per sapere che dovevo buttare via la twingo; in compenso mi ha garantito che la punto, se si aumenta il volume della radio per non far caso ai rumori sinistri provenienti dal cofano, può procedere senza grosse sorprese (e sarò ingenua, ma intendo crederci! Il mio meccanico è, negli ultimi giorni, la mia frequentazione più gettonata e voglio ritenerlo affidabile; per fortuna è una donna, altrimenti avrei dovuto spendere altro tempo in inutili spiegazioni…).
Uscita dall’autofficina, mi chiama Paolo rimasto a piedi con la vespa e, per correre premurosamente in suo soccorso, tampono il vecchietto imbranato che ho davanti; arrivo da Paolo e anche i cavi danno forfait... Ora, la domanda è: come ha fatto Abia a trovarci tutta ‘sta comicità???

giovedì 12 aprile 2012

...E com'è andata a finire?

I figli e le scale

...e com'è andata a finire? Con gli elettrodomestici, intendo:
Che se non chiedi l'aiuto del tecnico installatore ti mollano gli elettrodomestici al piano terra. E noi, grazie al cielo, abitiamo in una cascina, secondo piano, senza ascensore. E, grazie al cielo, nei giorni scorsi ha piovuto parecchio e le ossa di Paolo tendono a scricchiolare in modo un po'sinistro, impedendogli di fare il brillante, con una sortita delle sue, tipo 'ci penso io!'. E pensare che quando abbiamo firmato il mutuo trentennale per quell'appartamento dei nostri sogni, l'unica smorfia di dubbio era proprio sulla mancanza dell'ascensore! Tutti quei gradini portando su e giù figli nella pancia, passeggini, ombrelli fradici e la spesa, ora hanno finalmente un loro “perche”.
Siamo in trepida attesa degli elettrodomestici, dunque, e del relativo tecnico installatore, finalmente!

mercoledì 11 aprile 2012

…Ci siamo già presentati?

figli piccoli
Famiglia Felice
Ora che ci penso: ci siamo già presentati? Più o meno.
Ma è facile: da sola, copro l'intera lista dei disguidi, dei ritardi e delle complicazioni che sconvolgono una virtuosa e pacifica coppia da quando nascono i figli.
In particolare i miei nano-mostri sono tre e tutti maschi (avevo un pesce, fino a un po’di tempo fa. Sono matematicamente certa che fosse un maschio pure lui!). Ogni tanto capitano delle gentil donzelle in giro per casa, ma nessuna di loro è “rosa” o possiede dei fiocchi. E se fosse anche solo vagamente -almeno un po’- “rosa”, si trasformerebbe brevemente in un camionista, di quelli “rozzi” che rispondono in tutto allo stereotipo; rutti da cavernicolo compresi.
Come in tutte le famiglie che si rispettano, la mamma è quella che ha spalle abbastanza larghe perché tutto sia sempre riconducibile a lei; probabilmente anche la fame nel mondo ha seriamente a che vedere con me, secondo i miei figli. Effettivamente, osservando il fatto che ho originato tre energumeni in crescita che, quando sono a tavola, ricordano da vicino la voracità del piranha, probabilmente può risultare verosimile che la fame nel mondo sia anche un po’colpa mia.
Generalmente, la frase più gettonata che mi sento rivolgere comincia sempre con “dov’è…?” e, lo so per certo, su questa domanda si basa il criterio fondamentale per distinguere i cromosomi XY dagli XX.
E poi ci sono altre caratteristiche standard: anche i miei figli detestano la verdura e devo mentire vergognosamente x dare loro le zucchine, triturandole e massacrandole in una poltiglietta per poterla spacciare x ketchup verde alla menta o altre amene stranezze...
Poi c’è l’eterna discussione sul tempo passato ai videogiochi, con contrattazioni talmente estenuanti che farebbero saltare i nervi anche a Giobbe. Per la verità, quando si avvicina l’adolescenza le contrattazioni sono su tutto, a 360°. Penso che un qualsiasi genitore che abbia superato l’adolescenza dei figli senza finire prima al manicomio, possa essere assunto come diplomatico all’ONU, già addestrato per le più delicate operazioni di pace. Anzi, probabilmente li scelgono proprio così: in base all’età dei figli.
Quando sono piccoli, giocano a “lotta col papà”, o “butta giù dal divano il fratello piccolo”, … o simili varianti sul tema. Ecco come si diventa abilissimi esperti di arti marziali; anche con la pancetta del benessere, modello “Kung fu panda”, ci si trasforma in esperti saltimbanco, di quelli che ti buttano a tappeto senza far male e all’ultimo secondo mettono in scena un melodramma di morti e feriti in cui poi tutti si alzano più vigorosi di prima. Poi i giochi si affinano e si passa dalla brutalità animalesca alla discussione incessante su tutto. Il divertente della faccenda, quello che ti fa crescere e dà soddisfazione, è che si è costretti a cambiare continuamente punto di vista per vedere però sempre lo stesso oggetto: la mini-creatura che, da quando è nata, ti ha fatto andare in pappa tutti i neuroni e ti ha sconvolto completamente la vita. Credo che qui stia il punto nevralgico della questione ancestrale che ogni tanto, nei momenti di abissale stanchezza, ci pone di fronte alla domanda brutale:
"ma-ccchi-ccappero ce lo ha fatto fare??"

martedì 10 aprile 2012

Mariti, elettrodomestici e tecnici esperti installatori

elettrodomestici
Elettrodomestci in cucina
Quando hai un marito “preciso e meticoloso”, nonché ci vivi assieme da vent’anni, come minimo succedono due cose, nell’ordine:
1)                 gli elettrodomestici regalati al matrimonio ti piantano in asso tutti di botto
2)                il marito fa “la scelta giusta”, passando ore e ore con un nuovo passatempo sulla rete: il confronto prezzi/qualità/risparmio con una buona dose di “peso e soppeso tutto”
Sta di fatto che avere una lavastoviglie che di colpo si rifiuta di collaborare e una lavatrice che inizia a confondere la macchia contro cui accanirsi con il tessuto delicato da rispettare …ed avere i due eventi in contemporanea, non è un affare banale da gestire.
Quando passiamo dal forno facciamo finta di non accorgerci dei rumori e del fumo che fuoriesce ma è difficile non notare che nel piano cottura, l’ultimo fuoco ancora in grado di accendersi è quello del caffè.
Sorvolo sulla quantità di piatti e bicchieri rotti nel periodo di lavaggio a mano (il sapone ha il vizio di essere un po’scivoloso…); sorvolo anche su tutti i trucchi per lasciare la soddisfazione della brillantezza a qualcun altro della famiglia. Sta di fatto che per il marito preciso-e-meticoloso (il mio poi, è un ingegnere!) “il tecnico” è per definizione un qualcuno che non è riuscito ad entrare nella testa del povero progettista, o almeno non ci è entrato abbastanza da riuscire ad installare degnamente tutte le creature da lui ideate con tanta fatica e ingegno.
Abia, nonostante la sua tenera età, conosce bene suo padre da preoccuparsi sul come sarebbe andata a finire la storia del tecnico. Infatti, dopo ore e ore passate a risolvere il punto 2) sulla scelta estenuante dell’elettrodomestico “quasi perfetto”, si è dovuti passare al punto successivo: 3) convincere papy Paolo ad accettare l’aiuto del tecnico installatore.
A questo punto, nel caso il punto 3 facesse cilecca, si aprono tre scenari possibili:
-         lo scatolone della lavastoviglie stazionerà per un paio di settimane ad invadere il minimo spazio di manovra in cucina, prima di essere installata da Paolo;
-         lo scatolone della lavasatoviglie stazionerà per un paio di mesi ad invadere il sotto scala, impedendo l’accesso ai cassetti della credenza, prima di essere installata da Paolo;
-         lo scatolone della lavastoviglie stazionerà per un paio di anni a invadere l'unico micro-spazio rimasto libero nel box, prima di essere installata da Paolo.
Quale delle tre? Si accettano scommesse. Con il ricavato, mi “comprerò” un tecnico per l'installazione.
...Per sapere come andrà a finire, guarda il post di oggi, facendo "click" su questo link:
http://cepocodaridere.blogspot.it/2012/04/e-come-andata-finire_7357.html

lunedì 9 aprile 2012

Il XXI secolo e l'ansia da ritardo

figli
I componenti della famiglia Felice

Ciao.
Ve lo ricordate quando erano piccoli? Tutto era sempre complicatissimo: ad esempio, si scatenava un vero e proprio tsunami ogni volta che si usciva in inverno per farli giocare con la neve; a chi non è mai capitato di essere madido di sudore dopo aver conquistato il pianerottolo con tutti i figli piccoli muniti di tute da neve, pannolino di cambio, biscotti e vari generi di confort, cappello, guanti e scarpe coincidente al numero di mani e piedi, ritardo astronomico… e al momento di ritirare le chiavi dalla toppa, il più piccolo, con una smorfia di soddisfazione ti fa capire che il suo intestino è finalmente libero e devi rientrare per ricominciare tutto da capo…?
Bene.
Ora sono più cresciuti e l’ansia da ritardo cronico è forse peggiorata. Non essendo ancora maggiorenni, occorre scarrozzarli dappertutto per le loro mille attività varie, i loro mille sport e i loro mille interessi; nonché gruppi sportivi/gruppi musicali/gruppi scacchi/gruppi scout/catechismi/aggregazioni più o meno ludiche o passatempi vari. Quindi si passano i pomeriggi nel “taxi” a recapitar figli. È l’attività frenetica pomeridiana del vieni-vai-e-porta.
Il cellulare, che mi consente di essere connessa al resto del mondo anche in coda al semaforo eterno dell’incrocio di via Rovagnani, è l’ultima ancora di salvezza che mi consente di non diventare matta nell’ansia del perenne ritardo. Quando piove, poi, i tempi di attesa si allungano esponenzialmente aspettando che al tizio davanti (in genere un uomo) passi lo shock da velocità e provi pure ad accelerare prima del milionesimo rosso; in genere l’auto davanti rimane la prima auto della coda interminabile del semaforo; lo si può intuire già un bel po’di semafori prima, dal suo lento e indolente accelerare quando scatta il verde e da una serie di indizi inequivocabili: cappello in testa/età/posizione delle mani sul volante/modo di gesticolare, con movimenti ampi, rivolto al tizio seduto di fianco mentre si intuisce che stia piacevolmente conversando (beato lui!)/… Avete in mente bene la sensazione che si prova quando quell’auto, davanti a noi, si ferma al giallo, bloccando l’accesso all’incrocio di tutta la coda dietro? Le ghiandole surrenali iniziano una produzione record di aldosterone, le pulsazioni salgono a manetta e in qualche raro caso compaiono anche piccole manie ossessive-complusive; quest’ultima variante dipende principalmente da due fattori: 1) l’orologio sul cruscotto, la cui indifferenza nel procedere ci sembra spietata e implacabile e 2) da quante tappe sono ancora da depennare nella lunga lista del percorso.
Le telefonate che si compiono in auto mentre si è preda da ansia-da-ritardo sono le solite: “Sono all’incrocio, comincia a scendere e ricordati di chiudere a chiave”, “Mi scusi, siamo bloccati nel traffico ma stiamo arrivando”, “A che punto sei con storia? …perché sto venendo a prenderti” e altre piccole varianti sul tema. Su questi messaggi, non molto densi di trama e significato per la verità, le compagnie telefoniche fanno grassi affari in un Paese con poche infrastrutture, pochi mezzi pubblici e dove ben poco sia a portata di mano.
Naturalmente avrei da aggiungere almeno un milione di osservazioni sul nostro Paese e sulle sue infrastrutture, ma per vostra fortuna, sono ancora una volta in ritardo, non per via della coda in auto ma a causa dell’ora di pranzo: le pance di tutti i Bertoni, soprattutto quelli in crescita, sono la prima causa della produzione di aldosterone connesso ad ansia-da-ritardo di questo momento. Quindi, per vostra fortuna, smetto il brontolìo ancora prima di incominciare e attendo che qualcuno di voi mi sostituisca mentre spignatto e soffriggo. Tema libero: i figli/il marito/il nostro Paese/i nostri politici/il capo/il lavoro-che-non-c’è….
Buon tutto e alla prossima.